Il 26enne avrebbe confessato l'omicidio dello scorso sabato a Morges. L'MPC non ha ancora escluso il terrorismo
Sospettato d'incendio intenzionale dall'aprile 2019, era uscito di prigione nel luglio di quest'anno dopo una perizia psichiatrica. Ma con altre misure.
MORGES - È stato fermato (domenica pomeriggio) quale sospettato di un omicidio avvenuto sabato sera a Morges. La vittima era un cittadino portoghese di 29 anni residente nella regione, ucciso con un'arma da taglio. Martedì il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha informato di avere preso in carico le indagini, «non escludendo un movente terroristico». E ora si capisce anche il perché.
L'indiziato è un 26enne di doppia cittadinanza svizzero-turca, contro cui il MPC conduce da poco meno di un anno un procedimento penale per sospetto d'incendio intenzionale in una stazione di servizio a Prilly (VD). Ma è anche noto al Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) dal 2017, tra l’altro per consumo e divulgazione di propaganda jihadista. Secondo quanto riferisce RTS, l'uomo avrebbe confessato il crimine. E avrebbe spiegato di avere agito «per vendetta contro la Svizzera» e «per vendicare il Profeta».
Le accuse - È proprio durante le indagini per l'incendio - aperte in aprile 2019 - che il Pubblico ministero vodese ha scoperto indizi di possibili legami jihadisti dell’imputato, che collimavano con le informazioni del SIC. Per questo motivo, sei mesi dopo, il MPC ha assunto il procedimento penale quale autorità competente e lo ha esteso all’articolo di legge che vieta i gruppi Al-Qaïda e Stato islamico nonché le organizzazioni associate, al sostegno rispettivamente alla partecipazione a un’organizzazione criminale e alla rappresentazione di atti di cruda violenza.
Fuori dal carcere, ma non libero - Il Ministero pubblico della Confederazione, con un comunicato, fa chiarezza sulla cronologia legata al 26enne indiziato. Forse anche a seguito delle dichiarazioni lette sulla stampa, dove un amico stretto del 26enne ha parlato di «qualcuno tra le autorità cantonali e federali» che «non ha fatto bene il proprio lavoro». Da aprile 2019 l’imputato si trovava in carcerazione preventiva. Carcerazione più volte prolungata dal giudice dei provvedimenti coercitivi (GPC), prima su richiesta del Pubblico ministero del Canton Vaud e dopo dal MPC.
Ecco perché non era in prigione - Nel luglio 2020 il GPC competente ha ordinato la scarcerazione dell’imputato su un’istanza del MPC, che si basava in particolare su una perizia psichiatrica. La scarcerazione era condizionata a diverse misure sostitutive, compreso il divieto di uscita notturna, l’obbligo di annunciarsi e il divieto di porto d’armi. Ma «fino al 12 settembre 2020, data dell’omicidio, il MPC non è venuto a conoscenza di alcuna violazione delle misure sostitutive imposte». Solo in questo caso, infatti, si sarebbe giustificata una nuova incarcerazione.
Ora il 26enne svizzero-turco (di origini curde) è sospettato anche di omicidio intenzionale e assassinio. Le indagini vengono condotte in collaborazione con le autorità competenti del Canton Vaud, di fedpol e del SIC.