Lo ha deciso il Tribunale federale respingendo il ricorso di un 52enne.
L'uomo, dopo la diagnosi di due tumori, alla vescica e alla prostata, nel 2016 si era rivolto alla Suva.
LUCERNA - Basandosi su una perizia di un esperto, il Tribunale federale (TF) ha respinto il ricorso di un 52enne ex lavoratore in centrali nucleari che, ammalatosi di due tumori, chiedeva che la Suva riconoscesse le patologie come malattie professionali.
Il ricorrente nel 2003 e 2004 aveva lavorato alla centrale di Leibstadt (AG) e nel 2010 a quella di Mühleberg (BE). Dopo la diagnosi di due tumori, alla vescica e alla prostata, nel 2016 si era rivolto alla Suva, l'ente che offre l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali a lavoratori e disoccupati.
Nel marzo dello scorso anno, la prima Corte di diritto sociale del TF, che ha sede a Lucerna, ha annullato una prima sentenza sfavorevole all'assicurato. Secondo i supremi giudici, una perizia privata commissionata dal lavoratore ha messo in dubbio le conclusioni del medico del lavoro della Suva. Il TF ha quindi ordinato all'istanza inferiore, il Tribunale cantonale zurighese delle assicurazioni sociali, di riesaminare il caso sulla base di una perizia esterna.
Seconda perizia non cambia le cose - Lo scorso mese di luglio, la medesima corte zurighese ha nuovamente respinto il ricorso del lavoratore basandosi sull'indagine di un professore emerito di Monaco di Baviera (D), specialista in radiobiologia. L'esperto ha concluso che il contributo dell'esposizione professionale alle radiazioni non poteva rappresentare oltre il 50% dell'origine dei due tumori. Anzi, era verosimilmente molto più basso.
Secondo la giurisprudenza, l'assicuratore contro gli infortuni è tenuto a fornire prestazioni per la malattia professionale, se quest'ultima è per oltre il 50% d'origine professionale (esposizione) e provocata da una delle sostanze o uno dei lavori figuranti in uno specifico elenco.
In una sentenza pubblicata oggi, la prima Corte di diritto sociale del TF ha respinto tutti gli addebiti del ricorrente. Quest'ultimo ha ad esempio fatto valere che la Suva non ha richiesto dati dosimetrici alla direzione dell'impianto di Mühleberg. Secondo l'esperto tedesco, tuttavia, l'esposizione alle radiazioni è stata stabilita con due metodi diversi ed è escluso che il lavoratore sia stato esposto a dosi sufficienti per causare il cancro senza che queste siano state rilevate in alcun modo.
Simultaneità e causalità - Inoltre l'esperto è del parere che l'attività per un anno a Mühleberg in qualità di specialista dell'Associazione svizzera ispezioni tecniche (ASIT) è poco significativa data la vicinanza temporale dell'insorgenza dei due tumori. Secondo il suo rapporto, l'esposizione alle radiazioni avrebbe dovuto essere 500 volte superiore per essere all'origine, almeno nella misura del 50%, del cancro alla vescica. Sempre stando all'esperto di Monaco, il dato avrebbe dovuto essere ancora più elevato - 1500 volte - per spiegare l'insorgenza del tumore alla prostata.
Il ricorrente ha sostenuto che la simultaneità dei due carcinomi dimostrasse che le malattie erano di origine professionale. Invece, secondo le conclusioni dell'esperto, accettate dal tribunale di Zurigo e dal TF, questi due tumori vengono rilevati insieme in oltre il 10% delle persone che, come l'interessato, devono sottoporsi a una cistectomia radicale (rimozione chirurgica totale della vescica).