Cerca e trova immobili

GIURADiciotto anni di carcere per due amanti diabolici

09.12.20 - 10:52
Nel 2018, a Delémont, uccisero il marito della donna e diedero fuoco alla cucina per mascherare il crimine.
Ti-Press (archivio)
Fonte ats
Diciotto anni di carcere per due amanti diabolici
Nel 2018, a Delémont, uccisero il marito della donna e diedero fuoco alla cucina per mascherare il crimine.
Il giudice: «La vittima era di ostacolo alla felicità dei due imputati, per questo è stato tolto di mezzo».

DELÉMONT - Il Tribunale di Porrentruy ha condannato a 18 anni di reclusione per assassinio due amanti che nel febbraio del 2018 a Delémont uccisero il marito della donna e tentarono di mascherare il crimine provocando un'esplosione di gas in cucina.

La vittima era un afghano di 33 anni padre di tre bambini, possessivo e dedito al consumo di alcool e droga. Ed «era di ostacolo alla felicità dei due imputati», pure cittadini afghani, ha spiegato la presidente del tribunale di prima istanza.

Gli amanti, dopo un tentativo di avvelenamento fallito un mese prima, il 18 febbraio del 2018 sono riusciti nel loro intento. Il 33enne è stato ucciso, colpito alla testa con un mazzuolo. In seguito sono state appiccate le fiamme nella sua abitazione di Delémont per nascondere il crimine.

Gli inquirenti avevano trovato lo strumento dell'uccisione come pure una bottiglia che aveva contenuto della benzina per accelerare l'incendio in cucina, dove quattro fornelli a gas erano stati aperti.

Il procuratore pubblico giurassiano aveva chiesto una pena di 16 anni per la donna e di 18 per il suo amante, con l'imputazione di assassinio. L'avvocato difensore dell'uomo propendeva per una pena massima di 11 anni di reclusione per omicidio passionale, mentre il legale della donna chiedeva l'assoluzione.

L'incendio intenzionale e il tentativo fallito di avvelenamento hanno aggravato la pena per i due imputati, i quali sono anche stati sanzionati con un'espulsione dalla Svizzera per 15 anni.

«Non è stato facile stabilire la realtà esatta di quanto accaduto», ha spiegato la presidente del tribunale. Sapendo che la confessione non è più la «regina delle prove», è stato necessario ricorrere alle prove indiziali e a una serie di elementi a carico, comprese le conversazioni tramite i messaggi di WhatsApp.

La morte del marito è avvenuta perché la moglie non voleva il divorzio, per una questione di tradizione nel suo Paese. Da qui il piano, con la preparazione degli alibi. Con la moglie, definita una manipolatrice, che parla con conoscenti di un difetto alla cucina e che lascia la porta aperta. Ed è stata la moglie stessa che ha scelto l'ora dell'esecuzione: la domenica mattina, quando si è allontanata da casa per far curare il figlio maggiore, che era stato ferito in un campo da sci. Molti atteggiamenti della donna hanno attestato il suo ruolo nell'eliminazione del marito, come il fatto che non ha prestato attenzione al consorte rantolante quando è ritornata a casa.

L'amante, descritto come rozzo e immaturo, ha confessato il crimine dieci giorni dopo, affermando però di non aver pianificato nulla e insistendo sul fatto di aver avuto pietà per la situazione della sua amante. Secondo la ricostruzione dei fatti, egli si è recato nel soggiorno dove dormivano il padre e i suoi due figli più piccoli e lo ha colpito più volte in testa con un mazzuolo. In seguito ha scoperto che la vittima era ancora viva, l'ha trascinata in cucina, ha aperto il gas e versato benzina intorno al corpo per dargli fuoco, causando due esplosioni e un incendio. Alla fine il marito è morto per avvelenamento da monossido di carbonio.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE