Il verdetto dovrebbe essere noto domani in serata.
BIENNE - Il predicatore libico Abu Ramadan è comparso oggi davanti al tribunale regionale di Bienne (BE) per rispondere di discriminazione razziale e truffa. Il ministero pubblico della Confederazione ha chiesto una pena di 14 mesi e l'espulsione dalla Svizzera. Il verdetto dovrebbe essere noto domani in serata.
I fatti - Durante un sermone nella moschea Ar'Rahman (la misericordia) di Bienne, il 7 luglio del 2017, Abu Ramadan avrebbe incitato all'odio contro cristiani, ebrei, hindù, russi e musulmani sciiti. Il predicatore avrebbe anche approfittato di prestazioni sociali indebite per un ammontare di 46'000 franchi tra il 2003 e il 2017.
Il procedimento legale è stato innescato da una denuncia penale. L'indagine della procura del Giura-Seeland ha richiesto molto tempo. Per prima cosa, un esperto ha dovuto tradurre la predica dall'arabo al tedesco. Poi ha è occorsa una perizia supplementare sull'interpretazione delle affermazioni di Ramadan.
In base a questi elementi, secondo l'ufficio del ministero pubblico regionale il libico, ora 69enne, ha auspicato a più riprese che venissero debellate le persone appartenenti a certi gruppi etnici o che professano certe religioni. Ha quindi incitato all'odio ed è colpevole di discriminazione razziale.
La difesa - Qualche mese dopo il controverso sermone, l'allora imam della moschea Ar'Rahman ha contestato via stampa di aver incitato all'odio. Egli ha sostenuto di non aver mai pregato Allah «di distruggere i nemici dell'Islam»: le sue affermazioni sarebbero state tradotte male.
La comunità musulmana di Bienne ha sofferto per questa vicenda, che ha avuto una forte eco mediatica. Ritiene importante compiere ulteriori sforzi nella formazione degli imam in Svizzera per evitare tali situazioni.
Abu Ramadan è pure accusato di aver ripetutamente usufruito illegalmente dell'assistenza sociale tra il 2003 e il 2017. Anche queste indagini - nate da una denuncia delle autorità di Nidau (BE), il comune di residenza di Abu Ramadan - sono state «estremamente complesse», ha sottolineato il ministero pubblico. L'accusato non ha collaborato all'inchiesta e in particolare non ha risposto alle domande sul suo reddito.
Il libico aveva dichiarato al comune di essere disoccupato e di non avere né reddito né patrimonio, ma secondo le indagini della procura l'uomo organizzava pellegrinaggi ottenendo così in parte un reddito concreto. L'imputazione di ricezione illegale di prestazioni sociali sarebbe quindi fondata.
Abu Ramadan ha sempre negato le accuse. Per essersi recato in Libia diverse volte senza alcun problema, egli ha già perso il diritto di asilo e lo status di rifugiato ottenuto al suo arrivo in Svizzera nel 1998. Ora usufruisce di un permesso C di domicilio. Se dovesse essere riconosciuto colpevole sarà espulso.
Ciò che, oltre a 14 mesi di detenzione, è stato richiesto anche dalla procuratrice federale incaricata del caso. Il predicatore libico - ha sottolineato il pubblico ministero - non è integrato in Svizzera. Mentre nel suo Paese d'origine le prospettive di reintegrazione restano intatte. Abu Ramadan aveva diversi parenti stretti che vivevano in Libia e in passato vi è ritornato più volte, l'ultima volta qualche mese fa.