Nonostante nessuno abbia più di 75 anni, Ignazio Cassis difende la scelta di vaccinare i membri del Governo.
Per il ticinese si tratta di una misura necessaria per assicurare la guida del nostro Paese.
BERNA - Secondo il consigliere federale Ignazio Cassis, la vaccinazione anti-Covid-19 dei membri del governo - nessuno dei quali ha più di 75 anni - è una misura necessaria per assicurare la guida del paese in un periodo di crisi.
I primi consiglieri federali hanno ricevuto una prima dose di vaccino dopo la metà di gennaio, senza che il pubblico ne fosse prima informato. L'operazione ha sollevato critiche in particolare perché nessuno dei "sette saggi" ha più di 75 anni, l'età fissata dalla strategia vaccinale della Confederazione nelle prime fasi della campagna.
«Abbiamo solo sette ministri, non 21 come altri paesi. Se improvvisamente quattro consiglieri federali si ammalassero e due di loro non fossero in grado di lavorare, non potrebbe nemmeno essere garantita la loro supplenza», argomenta Cassis in un'intervista pubblicata oggi dai giornali del gruppo CH Media. È estremamente importante che la guida del paese sia garantita in momenti di crisi. Il capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) fa inoltre notare che il Consiglio federale non ha avuto subito ricorso al siero, ma ha atteso che un secondo vaccino fosse omologato.
L'ex medico cantonale ticinese, proprio in funzione delle sue precedenti competenze professionali, spiega poi di aver potuto alimentare la discussione all'interno dell'esecutivo su indicatori come il numero di riproduzione Rt (ossia il numero di nuovi casi sintomatici generati da un singolo caso) o la curva epidemiologica.
La via svizzera non è stata fallimentare - La politica svizzera in materia di coronavirus non è stata fallimentare. Ma in una crisi di questa portata, la responsabilità individuale raggiunge i suoi limiti, afferma il membro del PLR. A suo avviso, «il liberalismo esce rafforzato» dalla crisi: fino alla pandemia, molte persone credevano che fosse normale poter viaggiare all'estero o fare quello che volevano a casa. Nel frattempo, la gente ha imparato che ciò non è scontato e che deve sempre lottare per la libertà.
Ora che varianti del virus stanno causando grande incertezza e il pericolo di una terza ondata epidemica è reale, non è più possibile proteggere simultaneamente la libertà e la vita. In questa situazione, la protezione della vita ha priorità assoluta.
Confrontato al numero di vittime in Svizzera nella seconda ondata, superiore alla media internazionale, Cassis ammette che non c'è da essere orgogliosi. La situazione, nella gestione della crisi, richiede «grande umiltà e flessibilità». In governo «i decessi ci hanno occupato, li deploriamo. Condividiamo il lutto delle famiglie che devono vivere con una perdita».
Fin dall'inizio della crisi l'obiettivo principale del governo è stato di limitare il numero di morti. Per questo al centro della strategia dell'esecutivo c'è il mantenimento delle capacità degli ospedali in ogni momento.
La mortalità, aggiunge, è forse l'indicatore più solido e importante dell'evoluzione di un'epidemia. Ma solo alla fine della crisi sarà possibile valutare se le misure hanno avuto successo o no. È possibile che altri paesi in futuro presentino una sovramortalità superiore a quella censita ora in Svizzera. La storia della medicina mostra che cifre affidabili saranno disponibili solo tra tre-cinque anni.