Un rapporto adottato dal Consiglio federale rivela «maggiori difficoltà» di accesso al confine ticinese.
Ma queste non sono dovute a «discriminazioni» bensì a una burocrazia italiana più complessa e che funge quindi da ostacolo.
BERNA - Oneri amministrativi derivanti da una legislazione più complessa e meno trasparente, ma anche difficoltà legate alla concorrenza sui prezzi. Nell'accesso al mercato tra la Svizzera e l'Italia i prestatori di servizi elvetici incontrano maggiori difficoltà rispetto agli altri Stati limitrofi. È quanto emerge da un rapporto adottato oggi dal Consiglio federale. Secondo lo studio, non c'è però «nessuna discriminazione sistematica della Svizzera».
Il rapporto è stato presentato sulla base di un postulato dell'ex consigliere nazionale Marco Chiesa (UDC/TI), ora "senatore", che chiedeva d'illustrare le condizioni d'accesso (legali, burocratiche, finanziarie e amministrative) al mercato dei Paesi limitrofi, prendendo in considerazione il rispetto degli accordi bilaterali e la reciprocità tra Stati.
In una nota odierna, il Consiglio federale spiega che «non si configurano discriminazioni sistematiche nei confronti di prestatori di servizi di breve durata e attori svizzeri che partecipano a concorsi pubblici nei mercati che rientrano nel campo d'applicazione degli accordi internazionali».
Il rapporto si è concentrato in particolare sulle condizioni d'accesso tra Svizzera e Italia, poiché è in quest'ultimo Paese - a differenza di Germania, Francia e Austria, nei quali non si segnalano «problemi di rilievo» - che i prestatori di servizi elvetici si trovano davanti i maggiori ostacoli.
Prezzi più alti e oneri amministrativi - La burocrazia italiana è un ostacolo, nota il rapporto. Nella prassi, infatti, le procedure amministrative italiane risultano più complesse e gravose in termini di tempo rispetto a quelle svizzere.
Le difficoltà incontrate nella prestazione di servizi o nella partecipazione a concorsi pubblici in Italia, indicate dalle 17 imprese della Camera di Commercio Cantone Ticino che hanno risposto al sondaggio - meno del 2% del totale dei membri, un riscontro definito «scarso» - sono rappresentate dagli oneri amministrativi derivanti dalla complessità della normativa italiana e dai prezzi svizzeri, più alti rispetto a quelli italiani, viene indicato nel rapporto, secondo il quale «entrambi questi fattori scoraggiano le piccole e medie imprese ticinesi interessate al mercato italiano».
La Camera di Commercio Cantone Ticino ritiene che una semplificazione e una maggiore trasparenza della legislazione e delle procedure del sistema giuridico italiano sarebbero d'aiuto. Tuttavia, rende attento il rapporto, ciò può avvenire soltanto mediante riforme strutturali da parte dello Stato italiano: ma la legislazione italiana si applica a tutti gli attori, nazionali e stranieri, quindi anche alle imprese svizzere. «In assenza di discriminazione nei loro confronti, non esiste alcuna possibilità d'intervenire presso le autorità italiane», sottolinea il rapporto.
Interventi mirati - secondo quanto riportato nel comunicato governativo - hanno tuttavia permesso, negli ultimi anni, di risolvere con successo alcuni problemi.