La somma, versata dalla Confederazione, è destinata soprattutto alle segreterie dei gruppi parlamentari.
Una parte, invece, va a finanziare i partiti e le loro campagne.
BERNA - «In Svizzera non esiste un finanziamento statale: i partiti si reggono sulle donazioni e sulle quote associative». Questa affermazione, ripetuta come un mantra, è un mito. Ogni anno, la Confederazione versa milioni di denaro pubblico ai gruppi parlamentari a Berna. Anche se il denaro dovrebbe essere utilizzato per gestire le loro segreterie, i partiti lo usano anche per finanziare le loro strutture, le campagne elettorali e referendarie. Il tutto senza rendere conto a nessuno, se non a loro stessi.
L'indagine è a cura de Le Matin Dimanche. Ogni gruppo riceve un'indennità di base di 144’500 franchi, più un importo forfettario, per ogni membro, di 26’800 franchi. La legge è molto precisa sull'utilizzo di queste somme: i gruppi ricevono un contributo annuale per coprire i costi della loro segreteria. E la segreteria del gruppo - è importante chiarirlo - è diversa dalla segreteria del partito. I soldi devono andare infatti alla prima, non alla seconda. E non devono essere utilizzati per le campagne elettorali.
L’inchiesta, però, sottolinea come, nei fatti, sia impossibile dire quale parte dei fondi pubblici sia effettivamente utilizzata per finanziare i partiti o le loro campagne politiche. Il legislatore ha previsto controlli più severi: entro la fine di marzo, i gruppi presentano alla delegazione amministrativa una relazione sull'utilizzo dei contributi ricevuti durante l'esercizio precedente.
Questa procedura, però, ha delle falle. In primo luogo, la delegazione amministrativa del Parlamento è composta da rappresentanti eletti che sono anche membri dei vari gruppi. Esiste quindi un problema di indipendenza, poiché i revisori coincidono con i controllati. In secondo luogo, i documenti presentati sono una sintesi. E, come dicono a taccuini chiusi gli ex membri, vengono adottati senza alcuna discussione. Nessuno ha interesse a esaminare i dettagli.
Le Matin Dimanche ha cercato, senza successo, di ottenere le relazioni. «Sono riservate e quindi non soggette alla legge sulla trasparenza», spiega Karin Burkhalter, servizio d’informazione del Parlamento.