Il governo federale assicura progetti con combustibili fossili all'estero, in contrasto con quanto siglato nella Dichiarazione di Glasgow
ZURIGO - Si apre oggi a Baku, in Azerbaigian, la 29esima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP29). Sul tavolo delle discussioni, l'adozione di un nuovo obiettivo finanziario collettivo per gli investimenti nella protezione climatica a livello mondiale. Una questione che riguarda la Svizzera più vicino di quanto si possa pensare.
Stando a quanto riportato sulle pagine del Tages-Anzeiger alcune aziende elvetiche collaborano attivamente nella fornitura dei pezzi necessari (come turbine a gas con generatori e turbine a vapore) per il funzionamento delle nuove centrali elettriche a gas in Turkmenistan e Vietnam. Due impianti che complessivamente immettono nell'atmosfera oltre 8 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, pari a circa il 20% delle emissioni di gas serra dell'intera Svizzera. Si tratta della Electric Global Parts & Products, con sede a Baden, nel cantone di Argovia che fornisce tecnologie alle centrali in Vietnam; e della Calik Enerji Swiss AG, con sede a Lucerna, il cui fornitore di tecnologia è General Electric, per la centrale a gas Kiyanly CCPP in Turkmenistan. Entrambe le aziende hanno ricevuto il benestare dall'Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni (ASRE), organizzazione di diritto pubblico della Confederazione che ha il mandato legale di promuovere le esportazioni delle aziende svizzere e quindi di creare posti di lavoro in Svizzera. La prima il 24 settembre, la seconda lo scorso gennaio. La somma assicurata in Vietnam e Turkmenistan ammonta a circa 520 milioni di franchi.
Potrebbe sembrare tutto regolare, se non fosse che quanto avvallato dall'ASRE è in contrasto con quanto riportato nella Dichiarazione di Glasgow e siglata nel 2021 da Simonetta Sommaruga, allora ministra dell'Ambiente. Insieme ad altri 30 Paesi, la Svizzera si era impegnata a non favorire più le imprese che realizzano progetti con petrolio, carbone o gas all'estero.
Secondo Public Eye, organizzazione non governativa orientata alla sostenibilità, la Svizzera sarebbe responsabile anche delle tonnellate di carbone, petrolio e gas venduti quotidianamente dai commercianti elvetici di materie prime. Stando ai dati raccolti dall'ong, l'impronta di carbonio prodotta nel 2023 da Glencore, Gunvor, Mercuria, Trafigura e Vitol è stata, con oltre quattro miliardi di tonnellate di CO2, più di cento volte superiore a quella della Svizzera. «I commercianti svizzeri si fanno beffe degli obiettivi climatici adottati dalla comunità internazionale nel 2015 nell'ambito dell'accordo di Parigi», si legge nella nota diffusa. «I leader svizzeri nel settore delle materie prime rimangono molto opachi sulla questione climatica. Cercano così di nascondere il fatto che i miliardi di profitti guadagnati negli ultimi anni sono stati investiti in altri progetti nel settore petrolifero e del gas, invece di alimentare la prevista trasformazione del loro modello di business, basato sui combustibili fossili».
«Progetti nel settore dell'energia fossile, non esclusi» - Interpellata dal quotidiano zurighese, la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) ha spiegato che «in certi casi ci possono essere degli obiettivi contrastanti», con quanto riportato nella Dichiarazione di Glasgow. Sottolineando che «la ASRE non assicura più progetti su carbone, petrolio e torba e, a differenza di molte agenzie straniere, non concede prestiti», ha affermato la portavoce della SECO Antje Baertschi.
Dal canto loro, gli attivisti per il clima parlano di un'inversione di tendenza che la SECO nega. «L'argomento si è sviluppato notevolmente negli ultimi anni», ha ribadito Baertschi. Soprattutto a causa del difficile approvvigionamento di gas nell'inverno 2022/23, portando diversi Paesi OCSE a sviluppare progetti di energia fossile in modo estremamente eterogeneo. E in relazione ai progetti di centrali a gas, commenta: «Se l'ASRE li avesse gestiti in modo troppo rigido, sarebbe aumentato il rischio di esternalizzazione della produzione di beni di esportazione e di conseguente perdita di posti di lavoro in Svizzera». La Seco ritiene quindi opportuno che le richieste di assicurazione vengano valutate caso per caso. Sulla stessa riga il portavoce della ASRE, Simon Denoth: «Non si può escludere che sosterremo altri progetti nel settore dell'energia fossile».
Per l'Istituto internazionale per lo Sviluppo Sostenibile, tuttavia, la Svizzera ha annacquato la sua politica, ed è stato l'unico Paese. «Nel 2024, l'ASRE ha pubblicato una nuova linea guida con delle scappatoie che le permettono di ignorare l'obiettivo di 1,5 gradi di temperatura previsto dall'Accordo sul clima di Parigi in determinate circostanze». Senza tralasciare che la direzione dell'ASRE è anche politicamente controversa.
Vietato sostenere i combustibili fossili - In Europa, intanto, nell'ambito dell'accordo OCSE sui crediti all'esportazione, l'Unione Europea ha presentato una proposta che proibirebbe alle agenzie di credito all'esportazione (come la ASRE) di sostenere in generale i combustibili fossili, tranne in casi eccezionali. La Svizzera, però, non la ha ancora commentata. Nel frattempo gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti: dopo l'elezione di Donald Trump pare improbabile che accettino un accordo di questo tipo.