I migranti chiedono il rispetto della propria privacy
COMO - Il foglietto parla chiaro. «No foto ai volti». È appeso ad uno degli alberi del parco sotto la stazione di Como, dove da settimane vivono centinaia di migranti in attesa di poter continuare il loro viaggio verso i paesi del nord. Su di loro sono puntati i riflettori internazionali. Non c'è media che non abbia parlato di loro. Sono finiti in trasmissioni televisive, sui giornali, nei siti Internet. E ora dicono basta all'esposizione mediatica, basta sbattere il «mostro» in prima pagina. La tensione ieri sera è esplosa, con una troupe televisiva che, avvicinatasi per un servizio, è stata accolta con grida ostili dai profughi che, accorsi in massa, hanno allontanato malamente gli operatori. Per calmarli è stato necessario l'intervento della polizia, raccontano a tio.ch-20minuti alcuni testimoni.
È il segno di un cambiamento. «Inizialmente si facevano fotografare volentieri, oggi quando ci vedono con le macchine fotografiche fanno segno di no» ci confida uno dei foto-reporter presenti a Como, e aggiunge: «Tra loro ci sono bambini, donne, persone che hanno avuto problemi politici con gli Stati da cui stanno fuggendo, è comprensibile che non vogliano farsi fotografare e tutelare la propria privacy».
Un aspetto, quello della privacy, su cui gli operatori assistenziali attivi a Como sono da sempre sensibili. Roberto Bernasconi, direttore di Caritas Italia: «Il rispetto delle persone è fondamentale. I profughi sono esseri umani e come tali devono essere trattati. Finora nessun media ha superato il limite. Devo dire che è stato fatto un buon lavoro e attraverso articoli e filmati è stato dato visibilità a un'intera popolazione».
A Como la situazione resta di emergenza. Il numero dei migranti continua a salire. «La quota si avvicina alle 600 unità » ci dice Roberto Bernasconi. Intanto, l'area per l'attesissimo centro d'accoglienza è stata individuata. Ma prima che sia realizzato, l'attesa potrebbe essere ancora lunga.