Il 19enne della Commercio ha affermato di aver chiesto aiuto al Telefono amico. Ma l'organizzazione si smarca
BELLINZONA - «Non è nostro compito intervenire fisicamente in aiuto di chi ci contatta. Per quello esistono altri servizi». Taglia corto al telefono la portavoce (rigorosamente anonima) del Telefono amico contattata da Tio.ch - 20 minuti. Anche il 19enne che preparava una strage alla Commercio di Bellinzona avrebbe chiamato lo stesso numero, nei giorni precedenti all'arresto. Ma non è possibile sapere con chi abbia parlato.
«Tutte le conversazioni qui avvengono in modo anonimo» spiega la voce al telefono. L'associazione, che si occupa di assistere a distanza persone in difficoltà, fa dell'anonimato il suo principio fondante: lo si legge anche nello statuto (art. 4). «Il principio vale per chi si rivolge a noi così come per i volontari - continua la portavoce -. Di solito gli utenti sanno che funziona così. Diversamente, gli viene spiegato in modo chiaro».
A mettere in difficoltà l'associazione però, sono le affermazioni del 19enne, che ha raccontato più volte - agli inquirenti e al personale dell'ospedale psichiatrico di Mendrisio, dove si trova in stato di arresto - di avere «chiesto aiuto» al Telefono amico. Ma la richiesta sarebbe «caduta nel vuoto».
Sul caso specifico l'associazione risponde con un «no comment per il momento», e non conferma né smentisce di esser stata contattata dalla Procura. In generale «non è nostro compito andare ad aiutare fisicamente chi ci contatta» precisa però la portavoce. «Per questo esistono altri servizi e sportelli». Se questi siano stati contattati a loro volta dal Telefono amico, per il caso del 19enne, l'associazione non lo dice.