In Gran Consiglio non si è parlato tanto del tema, quanto della necessità di aprire una discussione generale
Manuele Bertoli: «Dire che il Governo "se ne frega" è falso, ma non abbiamo la competenza di intervento».
BELLINZONA - "Come mai il Governo tace?". Era questa la domanda della mozione presentata da Boris Bignasca (Lega) sul tema delle presunte molestie in RSI (sono arrivate 40 segnalazioni in totale) a cui il Consiglio di Stato, per bocca di Manuele Bertoli, ha oggi risposto che «certamente c’è un interesse, ma questo non vuol dire che ci sia una competenza di intervento». Perché neppure i membri della CORSI, nominati dal Consiglio di Stato, «hanno possibilità di intervenire nella gestione del personale dell'azienda». Una risposta che ha innescato la richiesta di discussione generale, accettata da 42 membri del Gran Consiglio (32 no e 2 astenuti).
E nell'aula di Bellinzona, divisi da plexiglass, i deputati hanno detto la loro. Anche se in realtà la discussione si è spostata più che altro proprio sulla possibilità di discuterne. È stato Paolo Ortelli (PLR) il primo a sollevare la questione: «Stiamo improvvisando una discussione per la quale non ci siamo preparati e non siamo pronti a dare un segnale importante ai cittadini». Anna Biscossa e Fabrizio Sirica (PS) si sono detti d'accordo, sottolineando però che «il Gran Consiglio è dalla parte dei lavoratori e soprattutto chiede che tutte le aziende pongano particolare attenzione ai temi del rispetto». Matteo Pronzini (MPS), dal canto suo, ha parlato «dell'obbligo del Parlamento di alta vigilanza sul Consiglio di Stato, il cui DFE gestisce l’ispettorato del lavoro».
Per Fiorenzo Dadò (PPD) che il tema sia entrato in aula è «importante per dare un buon segnale, visto che qualche mese fa il Gran Consiglio ha voluto dire al paese che di fronte a situazioni di questo genere la politica non vuole approfondire» (con riferimento al "no" alla commissione parlamentare d'inchiesta nel caso dell'ex dipendente del DSS, ndr.). Sabrina Aldi (Lega) ha preso le distanze da chi dice che parlare di "inchiesta in corso" «equivale a mettere il bavaglio e non parlarne»: «Noi siamo lo specchio del paese e continuiamo a non voler parlare di temi importanti. Oggi, qui in aula, stiamo guardando le vittime e stiamo dicendo loro "uscite allo scoperto perché siamo pronti ad ascoltarvi"».
I socialisti Ivo Durisch, Nicola Corti e Raoul Ghisletta hanno quindi ricordato «una mozione» e «un messaggio fermo in commissione» che «bisogna portare avanti per fare un'azione pratica». Paolo Pamini (UDC) ha proposto di «estendere la discussione dalla RSI all’Amministrazione cantonale», in quanto «c’è un vero problema di disagio sul posto di lavoro».
Insomma, in aula si è creato più un botta e risposta che non una discussione sul tema. «Smettiamola di strumentalizzare questi temi in questo gremio. Quando si è testimoni di una strumentalizzazione così, alle vittime passa la voglia di denunciare», ha dichiarato Roberta Passardi (PLR). La collega di partito, Alessandra Gianella, ha rincarato la dose dichiarandosi «stufa di sentire la morale sul fatto di essere sensibili». «Dopo due ore di discussione non vedo il valore aggiunto che è stato dato alla tematica» ha aggiunto.
La discussione generale si è infine conclusa con l'intento di occuparsi "davvero" del tema di molestie e mobbing sul posto di lavoro, ma senza un nulla di fatto. Il consigliere di Stato ha infine ribadito: «Dire che il Governo “se ne frega” è falso, semplicemente rispetta le regole. La competenza del Governo è di nominare 4 persone all’interno del Consiglio regionale della CORSI (composto da 25 persone). Siamo ben lontani da qualsiasi possibilità di sapere o influenzare chi deve sapere queste cose».