Nel 2020 avevano pubblicato una ricerca sui vestiti a scuola. Ma il Dipartimento avrebbe chiesto loro di non parlarne.
Ecco Foglia di Fico, libro che ricorda La Fattoria degli Animali. A scriverlo due insegnanti, Sheila Pongan Arrigo e Roberto Caruso. Il Cantone: «Peccato abbiano capito male le nostre intenzioni».
LUGANO - «Ci siamo sentiti feriti come docenti». Sheila Pongan Arrigo, 42 anni, insegna tedesco al Centro Professionale Tecnico di Mendrisio (ex SPAI). Roberto Caruso, 58 anni, è un suo collega che invece insegna matematica. Circa un anno fa avevano suscitato l'interesse di media e altre scuole con la pubblicazione di uno studio sul tema dell'abbigliamento in classe. Il DECS li avrebbe però invitati a non parlarne. «È stata una specie di censura – sostiene Caruso –. Non abbiamo mai ricevuto spiegazioni valide».
«Non sempre si può stare zitti» – E così da qualche giorno nelle librerie c'è Foglia di Fico (Fontana Edizioni). «Un libro in cui raccontiamo il nostro lavoro – sottolinea Pongan Arrigo –. Ma anche la scarsa fiducia che il DECS ha avuto in noi. Non sempre si può stare zitti».
Il veto – Era il periodo tra settembre e ottobre del 2020. Quello delle "magliette della vergogna", misura punitiva riservata agli allievi di un istituto romando che si recavano a scuola vestiti in maniera non consona. «A maggior ragione – ricorda Caruso – una ricerca su come vestirsi a scuola, effettuata con circa 700 allievi tra i 16 e i 20 anni, poteva forse rivelarsi significativa. Invece no. Il DECS mise il veto di parlarne in pubblico. Ci dissero che al momento c'erano altre priorità. Gli allievi diedero un contributo enorme, evidenziando come la percezione da parte di un ragazzo non fosse poi così diversa rispetto a quella di un adulto».
«Mostriamo anche un lato oscuro» – Foglia di Fico è un testo ironico. Ricorda un po' La Fattoria degli Animali di Orwell. Leggendo tra le righe si intuisce una critica più o meno velata alla presunta rigidità del Dipartimento. «Siamo stati limitati nella libertà di espressione – riprendono i due docenti –. Siamo persone che cercano di svolgere il loro lavoro con passione. Il nostro intento è quello di portare il lettore in aula e di fargli capire che è un bellissimo posto. Poi però gli mostriamo anche una parte oscura. Quella del sistema che a volte ti vuole controllare a ogni costo. Che non si fida dei suoi collaboratori. Insegniamo ai giovani cosa è la democrazia e poi non possiamo parlare pubblicamente di un nostro progetto? Abbiamo vissuto questo divieto in maniera sgradevole. Vogliamo smarcarci da questo approccio restrittivo».
Il DECS replica – Dalla direzione del DECS, interpellata da Tio/20 Minuti, non è mancata la reazione. «La comunicazione riguardante specifici progetti sviluppati all'interno dei singoli istituti viene coordinata al fine di garantire un'informazione trasparente, nell'interesse di tutti. Nel caso in questione lo studio è stato reso pubblico sul sito internet dell'istituto dove insegnano i due autori e in seguito a ciò ripreso da alcuni media. Il tema si prestava a una discussione generale. Ed è stata affrontata pubblicamente. Mentre si è ritenuto non fosse opportuno addentrarsi eccessivamente nella discussione specifica dello studio relativo a una singola sede tra le centinaia presenti sul territorio cantonale. Anche perché ogni sede presenta situazioni diverse».
«Abbiamo agito così» – Il libro però dipinge un DECS che, in un certo senso, censura. «Dispiace che la percezione sia stata questa. Il libro non l'abbiamo letto e quindi sui contenuti non ci possiamo esprimere. Il DECS aveva proposto ai due docenti di attendere per pubblicizzare il lavoro specifico. Questo per non trasformare il dibattito generale sui principi, d'interesse pubblico, facendo riferimento unicamente a un progetto particolare. Nei mesi scorsi è stato riferito agli autori che, passata la fase iniziale di discussione generale, nulla impediva di dare risalto pubblico allo studio».
Il bicchiere mezzo pieno – Francesca Rigotti, nota docente di filosofia e di dottrine politiche dell'USI, ha realizzato la prefazione del libro. È lei a calmare le acque, evidenziando che il bicchiere può anche essere visto come mezzo pieno. «Io ho seguito molto questo lavoro – precisa –. Il DECS aveva deciso di non dare troppa visibilità a un progetto che era nato all'interno di una singola scuola. Ci può stare. Trovo positivo comunque che due insegnanti abbiano inseguito il loro desiderio di libertà. Soprattutto, però, abbiamo di fronte un testo che valorizza la scuola professionale, fiore all'occhiello del sistema scolastico svizzero».