Da qualche mese i locali a luci rosse dovrebbero aver ripreso l'attività a pieno regime. Ma così non è.
I più lamentano introiti ridotti del 50% e paura per il futuro. Anche a causa del Certificato Covid.
LUGANO - Per un lungo periodo, causa pandemia, le "lucciole" dei club per adulti ticinesi avevano smesso di illuminare le giornate degli avventori dei postriboli e centri massaggi sparsi sul territorio. Poi la tregua, arrivata con la riapertura attorno alla fine di aprile (anche se con qualche polemica).
Da allora sono passati poco più di 5 mesi, ma c'è chi ancora si lecca le ferite. E pure chi non si è più rialzato (degli 11 postriboli in Ticino ne sono rimasti 8) o sta faticando a farlo. Persino in quello che è ormai il cuore delle luci rosse ticinesi, quel quadrilatero che comprende Oceano, Iceberg e Moulin Rouge, noto anche oltre i confini ticinesi e meta di numerosi italiani.
La fuga delle ragazze - Proprio il Moulin Rouge, ad esempio, non ha ancora riacceso le insegne. «Abbiamo chiuso con il Covid e per ora non riapriamo», ci spiega il gerente che si occupa anche del vicino Iceberg e del Jasmine di Arbedo Castione. Lo stesso, mesi fa ha presentato la domanda di costruzione per creare la passerella che collegherà i due postriboli a Grancia. «Siamo in attesa dell'approvazione, ma una spesa del genere sarà da valutare, alla luce della crisi che ci ha colpito».
A pesare sono diversi fattori. In primis la fuga delle ragazze: «Alcune sono tornate a casa, altre si sono spostate in appartamento o in Italia». C'è poi un altro problema, legato ai lavori autostradali sulla Como-Chiasso: «La chiusura notturna ha allontanato una grossa fetta della clientela. Anche qui si spera che il problema si risolva a breve, ormai sono due anni che si va avanti in questo modo».
Il certificato che frena - La situazione non è delle più rosee nemmeno dai vicini di casa. «Si sopravvive», ammette Bernhard Windler dell'Oceano. «Sicuramente pesa la chiusura autostradale, ma non solo. Attualmente abbiamo la metà delle ragazze rispetto al 2019 e non ne facciamo arrivare di più perché non lavorerebbero».
Anche la necessità di esibire il certificato Covid sembra essere responsabile del calo di avventori. «Un po' come per i ristoranti. Solo che noi non possiamo tamponare con servizi all'aperto», scherza. «Con 19 dipendenti - conclude -, riesco a coprire le spese. In questo momento dobbiamo pensare a sopravvivere».
«Le Autorità ci stanno addosso» - In quel di Chiasso, nonostante la prossimità con il confine, l’aria che si respira non sembra migliore, e lo smog non c’entra nulla. «L’attività si è ridotta del 50%», ammette il gerente del Maxim. Le ragioni di questo calo le attribuisce a diversi fattori: «Prima di tutto c’è paura. Si tratta di un’attività prevalentemente… di contatto. Credo poi ci sia la questione economica. La pandemia ha pescato nelle tasche della gente, che ora si trova meno soldi da spendere. Ci sono poi i problemi legati alla trasferta, con i lavori in corso e quelli relativi alla necessità di esibire il green pass».
Ma c’è dell’altro. E il dente avvelenato sembra avere due cause principali, legate entrambe al trattamento riservato al settore da parte delle Autorità ticinesi: «Abbiamo dovuto spendere decine di migliaia di franchi per sistemare i locali, ci hanno fatto chiudere sei mesi e non abbiamo visto un centesimo di quei soldi promessi per i casi di rigore». Il titolare del Maxim, infine, è critico nei confronti dei continui controlli da parte della Polizia: «Neanche una settimana dopo aver riaperto c’era già la Polizia. L’ultima retata risale a mercoledì scorso. Arrivano con sei o sette auto in piena serata, bloccano tutto, accendono le luci e ti costringono a restare chiuso per almeno un’ora. E per noi è una perdita di guadagno che nessuno ci restituisce. Come se non bastasse è anche un danno d’immagine. Sia i clienti che le ragazze iniziano a pensare che ci sia qualcosa che non va, e vanno altrove. D’altra parte diciamocelo, Milano è a due passi e l’offerta è ricchissima e pure più economica».
Offerte speciali per il cliente il Maxim non ne propone. Non più, almeno: «Offrivamo uno sconto con le partite di calcio, sono finito davanti al procuratore per sfruttamento della prostituzione. Credevano che costringessimo le ragazze a svendersi, in realtà avevamo solo abbassato il prezzo delle camere per permettere loro di lavorare un po’ di più».