Nell’enorme bacino d’acqua africano qualcosa sta cambiando tra i parassiti dei pesci. Si sospetta lo spillover.
Lo studio della 36enne Tiziana Gobbin finisce su un’importante rivista scientifica. L’intervento dell’uomo è stato decisivo? Il tema è di stretta attualità considerando la pandemia in corso.
LUGANO - Fino a inizio 2020 il termine spillover ci diceva poco o nulla. Con le ipotesi sull’origine del Covid-19, però, tutti hanno capito cosa significa il “salto di specie”. E soprattutto quali possono essere le conseguenze. Ne è consapevole la ricercatrice luganese Tiziana Gobbin, 36 anni, protagonista di un singolare studio con i pesci del lago Vittoria, il più grande lago del continente africano che bagna Tanzania, Uganda e Kenya. «Vermi parassiti che in passato infettavano una sola specie di pesci – sottolinea – adesso possono infettare altri pesci».
Una ricerca da copertina – La ricerca di Tiziana, che ha svolto il suo dottorato tra Berna e Groningen, in Olanda, è finita anche sulla copertina di un'importante rivista scientifica sull’evoluzione. «Quattro dei vermi parassiti che ho trovato nei pesci appartengono a nuove specie, per cui ho potuto descriverli e dar loro un nome».
L'impatto delle attività umane – Il “bello” però arriva adesso. Perché la ricercatrice di Lugano ha in programma un’ulteriore ricerca, stavolta per l’Università di Hasselt, in Belgio. «Dobbiamo chiederci come mai nel 1960 certi parassiti delle branchie dei pesci erano specifici, mentre adesso ci sono simili salti di specie. La mia ipotesi è che questo cambiamento sia dovuto all’impatto delle attività umane sul lago Vittoria. Mi riferisco in particolare all’inquinamento, oppure all’introduzione “artificiosa” della Perca del Nilo che è un grosso predatore».
Malattie che potrebbero passare dall'animale all'uomo – Al di là delle cause ancora incerte della pandemia in corso, la questione dello spillover è di strettissima attualità. E preoccupa anche in funzione della prevenzione di altre malattie che, potenzialmente, dal mondo animale potrebbero arrivare all’uomo. «Nel caso del lago Vittoria – prosegue Tiziana –, i parassiti forse si sono dovuti adattare alle nuove condizioni dell’ecosistema. E sono dunque andati a infettare nuove specie. Bisogna davvero smettere di pensare che l’attività umana non abbia un impatto sull’ambiente. I risultati che raccoglierò saranno utili per potere usare i parassiti come sentinella. In questo modo monitoreremo lo stato di salute degli ecosistemi e potremo prevedere eventuali futuri spillover».