Il Consiglio di Stato ha scritto al ministro dell'Interno proponendo una soluzione
Nel 2018 la Commissione federale delle professioni psicologiche aveva introdotto per i diplomi in Italia nuovi requisiti, ma notizia del cambiamento non è giunta in Ticino spiazzando così i ticinesi che studiano nella penisola.
BELLINZONA - S'apre uno spiraglio per gli studenti ticinesi cui la Commissione federale delle professioni psicologiche (PsiCo) non intende riconoscere il diploma universitario conseguito in Italia.
Il Consiglio di Stato si è infatti attivato con il ministro della sanità Alain Berset, affinché la PsiCo conceda «una proroga sull'adeguamento della prassi» che fino a pochi anni fa ne rendeva automatica l'accettazione. Ne dà notizia lo stesso Governo in una risposta all'interrogazione del deputato Nicola Schoenenberger.
Il cambiamento, di cui gli studenti - in buona fede - non erano informati, risale al 2018 quando la PsiCo ha aggiunto nuovi requisiti (tra cui l'esame di Stato italiano e un tirocinio in clinica), senza darne però comunicazione all’Ufficio cantonale dell’orientamento scolastico (Uosp). Una doccia fredda, di cui gli universitari ticinesi hanno preso consapevolezza solo nell'estate 2020: «A partire da quel momento la reazione dell’Uosp è stata tempestiva nel voler chiarire la situazione con la PsiCo nella alla ricerca di una soluzione» scrive il Consiglio di Stato. Ma la Commissione federale ha finora risposto picche: «Purtroppo la PsiCo (come altre commissioni federali preposte al riconoscimento dei titoli esteri) non si esprime mai sulla possibilità di riconoscimento di un diploma prima che questo sia stato ottenuto» sottolinea il Governo.
Da qui la lettera del Consiglio di Stato a Berset, il quale «ha risposto promettendo che l’Ufficio federale della sanità pubblica si metterà in contatto con la Commissione invitandola ad esaminare la richiesta formulata dal Governo ticinese sulla possibilità di adottare una proroga sull’adeguamento della prassi per le persone che non sapevano di questa modifica al momento dell’inizio dei loro studi di master in psicologia».
Quanto al cambiamento di prassi, continua la risposta all'interrogazione, «la PsiCo non ha mai pubblicato nulla al riguardo». Di più, «sui documenti della Commissione federale non figura nessun "codicillo" che poteva essere ignorato». In definitiva per Bellinzona non si è trattato di un errore dell'orientamento scolastico cantonale: «Non è immaginabile», a fronte di un panorama delle formazioni estremamente vasto in Svizzera e all'estero, «pretendere che l’Uosp si assuma l’onere di controllare costantemente tutte le regolamentazioni alla ricerca di ipotetici cambiamenti, soprattutto se non vengono comunicati adeguatamente». E ancora: «Il ruolo dell'Uosp non è di approvare o verificare e garantire le scelte formative e professionali delle persone, bensì di aiutarle nel processo di scelta considerandone e soppesandone i vari elementi». Nessuna ammissione di colpa, dunque, ma la voglia di aiutare i neo psicologici ad uscirne, quella, sembra esserci.