Il commovente messaggio di un bimbo luganese pubblicato sui social da don Emanuele Di Marco, direttore dell'oratorio.
«L'ho divulgato dopo avere chiesto il permesso alla famiglia – sottolinea il sacerdote –. Ci spiega come i nostri bimbi percepiscono le angosce di questo periodo storico. La solidarietà è stata enorme».
LUGANO - "Caro Babbo Natale, anche quest'anno ti chiedo un lavoro per il mio papà. Te l'ho già chiesto lo scorso anno ma forse sei diventato un po' vecchio e sordo. Ti devo però dire che ogni sera lo chiedo anche a Gesù dopo la preghiera. Lui è più giovane di te e magari non si dimentica le cose". Commovente. Ma anche reale. È la letterina scritta prima di Natale da un bimbo del Luganese. E pubblicata di recente sui social da don Emanuele Di Marco, direttore dell'oratorio di Lugano.
Don Emanuele, come mai questa lettera è finita tra le sue mani?
«Perché, grazie al lavoro con l'associazione "Un cuore a tre ruote" abbiamo quotidianamente a che fare con persone o famiglie in difficoltà. La mamma del bimbo un giorno mi ha confidato come la disoccupazione in famiglia a volte fosse difficile anche per i figli. E mi ha mostrato quel biglietto pre natalizio per farmi un esempio».
E perché è finito sui social?
«Sono stato io a chiedere il permesso alla famiglia. È un testo che ci dice tantissime cose. Ci spiega come i nostri bimbi percepiscono le angosce di questo periodo storico».
La risposta è stata sorprendente.
«Io a volte mi meraviglio dei ticinesi. Siamo un popolo fantastico. Si sono fatti avanti in tanti per chiedere informazioni sulla famiglia. Per mettersi a disposizione».
Il progetto "Un cuore a tre ruote", nato all'oratorio di Lugano, è cresciuto e ora conta cinque api motorizzate sparse per il Ticino. Sente che la precarietà è cresciuta negli ultimi anni?
«Abbiamo due api nell'area di Lugano, una a Balerna, una a Gravesano e una a Lodrino. E sì, certo che ci rendiamo conto di come precarietà e povertà siano aumentate. Anche se sono difficilmente misurabili».
Raccogliete beni di prima necessità e li portate a chi ne ha bisogno.
«La domanda è in crescita. E le persone tendono a confidarci le loro preoccupazioni per il futuro. Sempre di più».
La pandemia è un'aggravante?
«Vivere più isolati non ci fa bene. La pandemia ha accelerato diverse dinamiche. Per fortuna nella Svizzera italiana ci sono tante associazioni e tante persone che hanno voglia di fare qualcosa per gli altri».
Come?
«Anche in modo ingegnoso. C'è chi magari mette i soldi della pizza a favore di qualcuno in difficoltà. Chi offre una notte o due nel proprio Bed and Breakfast. Ognuno si propone di aiutare come può. Personalmente mi commuovo quando vedo certi messaggi».