La lotta alla discriminazione delle lavoratrici del sesso passa dall'utilizzo di una terminologia rispettosa.
LUGANO - Non si elimina la violenza contro le lavoratrici del sesso, se si continua a usare nei loro confronti un linguaggio irrispettoso e inappropriato.
Questo è, in sostanza, il fulcro della campagna di prevenzione lanciata da Primis, servizio di Zonaprotetta, riferimento in Ticino per quanto riguarda la salute sessuale e la prevenzione delle Infezioni sessualmente trasmissibili.
Il peso delle parole - In un evento, tenutosi oggi pomeriggio presso il Bistrot Vecchio Torchio di Viganello, si è discusso proprio di questo. E la data scelta non è casuale. Il 17 dicembre ricorre la giornata mondiale contro la violenza nei confronti delle sex workers.
Tanta carne sul fuoco per due ore di conferenza in cui si è parlato di prevenzione, violenza e soprattutto di termini corretti. «Il contrasto alla discriminazione può rappresentare una chiave fondamentale per la prevenzione», ha ricordato in apertura Vincenza Guarnaccia, coordinatrice di Primis.
Dove si nasconde la violenza - Ma andiamo in ordine. La violenza è subdola e spesso «chi ne è vittima non è capace di riconoscerla». L’evento si inserisce in un contesto più ampio, per la precisione nella campagna dei 16 giorni di attivismo sulle violenze fondate sul genere. E non poteva essere altrimenti.
«Ufficialmente la campagna è finita, ma è importante incentrarsi sui temi. Quello di oggi rientra pienamente nelle violenze fondate sui generi alla base di stereotipi e preconcetti della società», ha spiegato Elena Nuzzo, responsabile della comunicazione della campagna. «È fondamentale mettere in relazione questi due aspetti. Bisogna fornire una risposta collettiva, si tratta di una responsabilità che dobbiamo assumerci come comunità».
Sette su dieci subiscono la rimozione del condom - La violenza che subiscono le lavoratrici del sesso è un tema che non si può ignorare. Un problema ormai noto da tempo e ribadito oggi da Lorena Molnar, consulente scientifico dello studio di ProCoRe rappresentativo sull'argomento (“Esperienze di violenza vissute dalle lavoratrici del sesso in Svizzera”).
Un’indagine a livello nazionale sulla violenza ai danni delle lavoratrici del sesso mostra che quasi il 70% delle intervistate ha riferito di aver subito il cosiddetto stealthing, ossia la rimozione del preservativo contro la propria volontà.
Circa la metà ha subito discriminazioni, insulti o furti di denaro od oggetti. Secondo lo studio, inoltre, nella maggior parte dei casi gli autori sono i clienti. Tuttavia, la violenza contro le lavoratrici del sesso origina spesso anche da passanti, colleghi e coniugi.
Il linguaggio - Ma ora arriviamo al nocciolo della questione: il potere delle parole. L’accento è stato posto sull’influenza del linguaggio e sulla percezione e le politiche relative al lavoro sessuale.
«Spesso si veicola messaggi discriminatori e stigmatizzazione», viene spiegato. Le parole insomma, hanno un peso e vanno soppesate. «Per esempio il termine “prostituzione”, storicamente, ha un'accezione negativa. Preferiamo “lavoro sessuale”. Riduce la complessità di questo mondo. Bisogna spingere a cambiare come le altre persone percepiscono le lavoratrici», sottolinea Isabel Londono Aguilar, consulente in salute sessuale-mediatrice linguistico culturale di Zonaprotetta.
Prostituta, postribolo, traffico sessuale. Sono tutti termini comuni, utilizzati nel linguaggio parlato, così come da figure pubbliche e media. Eppure sono da considerarsi obsoleti, se non addirittura offensivi.
Questo linguaggio, spesso, «rispecchia pregiudizi profondi, utilizzando termini sensazionalistici e moralistici», fanno notare gli organizzatori della campagna. L'uso di questa terminologia, insomma, «non solo perpetua discriminazioni, ma influisce anche sulla percezione che la società ha nei confronti delle persone che lavorano offrendo servizi erotico a pagamento, protraendo l’immagine di soggetti moralmente discutibili, vittime o portatori di malattie».