Secondo l’accusa nella notte del 9 aprile 2019 all’Hotel La Palma si consumò un assassinio
LUGANO - «Per lui sono importanti i soldi e l’apparenza, o meglio per lui conta apparire come una persona coi soldi». Ma di soldi non ne aveva. E quell’8 aprile del 2019, quando ha fatto il check-in all’Hotel La Palma di Muralto assieme a una 22enne britannica, la verità ha iniziato a venire a galla: la sua carta di credito non funzionava, poiché era completamente al verde.
Così la procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, che alle Assise criminali ha chiesto di condannare per assassinio il 32enne a processo per il delitto avvenuto nelle ore seguenti nella stanza d’albergo: la giovane è morta strangolata. L’accusa ha proposto una pena detentiva di diciannove anni e sei mesi, oltre all’espulsione dalla Svizzera per quindici anni. «L’imputato si è reso autore di uno dei reati più gravi del nostro codice penale, uccidendo senza scrupoli una ragazza che aveva ancora tutta una vita davanti. E non ha mai mostrato pentimento».
La verità le era stata nascosta per tre mesi. Ma la giovane vittima l’aveva scoperta. E aveva respinto il 32enne. Sarebbe stato questo, a dire dell’accusa, il fattore scatenante del litigio: «Lui ha perso le staffe e l’ha afferrata al collo». Per l’uomo era svanita la possibilità «di poter fare la bella vita con lei, una vita fatta di spese folli». Un movente economico, «particolarmente perverso».
Come emerso dalla perizia psichiatrica, l’imputato ha una personalità narcisistica e prova un compiacimento infantile nell’apparire importante e piacevole. «Le relazioni che instaura sono d’appoggio e opportunistiche» ha detto l’accusa.
Un litigio, niente sesso - Una volta uccisa la giovane, il 32enne ha quindi inscenato l’incidente erotico. Ma quella notte c’era stato solo un litigio, nessun rapporto sessuale. E questo nonostante l’imputato sostenga il contrario. Lo ha detto ancora la procuratrice pubblica, ripercorrendo le incongruenze di quanto affermato dall’imputato.
Eppure nella camera sono state trovate tracce di liquido seminale sul letto. Si tratta di tracce, a dire dell’accusa, che risalgono sì a un rapporto, ma avvenuto nel pomeriggio del giorno precedente. In effetti l’imputato ha ammesso che allora c’era stato un rapporto, spiegando però che era orale ed era avvenuto in terrazza. «Cercava di preservare le prove trovate sul letto per giustificare gli avvenimenti della notte».
L’acqua per tenere caldo il corpo - Quella notte era inoltre stata riempita la vasca da bagno. In corso d’inchiesta, il 32enne ha spiegato che avevano intenzione di fare sesso in acqua. Ma non è così: «L’acqua aveva un’altra funzione, ossia mantenere caldo il corpo della 22enne morta». I soccorritori hanno tra l’altro riferito che il corpo era leggermente umido sul retro.
Domani, mercoledÌ 22 settembre, alle 9 la parola passerà all’avvocato difensore Yasar Ravi.