«Non abbiamo una violazione diretta dei provvedimenti, ma solo indiretta», sottolinea la difesa.
BELLINZONA - Sono 22, su un totale di 80, i residenti che tra marzo e aprile 2020 sono deceduti a causa del Coronavirus alla casa anziani di Sementina. Ma, secondo la difesa, la struttura «da un punto di vista statistico non è diversa da altre case per anziani».
«Sappiamo che si sono salvate persone che pensavamo morissero e che altre che credevamo in grado di farcela sono morte. E non è solo Sementina che deve contare chi ci ha lasciato», così l'avvocato Mario Postizzi, difensore della direttrice sanitaria della casa anziani, davanti alla Pretura penale di Bellinzona.
«Non era compito del medico cantonale» - Si torna poi a discutere dell'autorità del medico cantonale, in termini giuridici, in relazione alle direttive da applicare nelle case anziani emesse dal dottor Giorgio Merlani a marzo 2020. «Non è ammissibile che sia il medico cantonale ad affrontare questi problemi, spetta all'autorità politica. Non si può lasciare gestire queste cose al medico cantonale. Il Consiglio di Stato ha abdicato al suo potere», sottolinea, lapidario, l'avvocato. Postizzi si appoggia poi sulla giurisprudenza esistente e cita l'esempio di un caso simile trattato dal Tribunale federale di Lucerna: «La sentenza ha concluso che non vi era competenza».
Responsabilità "solo" indirette - Il decreto d'accusa, continua l'avvocato, «descrive poi una serie di decessi e fatti che nulla hanno a che vedere con la violazione della Legge federale sulla lotta contro le malattie trasmissibili dell'essere umano». «Sì, la mia cliente è la direttrice sanitaria dell'istituto, ma analizziamo quello che lei, concretamente, ha fatto: ogni membro del personale deve rispondere per eventuali trasgressioni al proprio dovere».
Il nucleo del problema si trova nell'atto d'accusa, sottolinea Postizzi, «nel quale la mia cliente viene accusata di essersi opposta alle istruzioni dell'Ufficio del medico cantonale "permettendo, nella sua veste di direttrice sanitaria, che il personale (infermieri, operatori socio-sanitari, assistenti di cura eccetera) non applicasse correttamente i predetti provvedimenti"». Sostanzialmente «si imputa alla dottoressa, che tralaltro lavorava al contempo anche al centro Somen, il non controllo del personale. Non abbiamo una violazione diretta del provvedimento, ma indiretta». Ma per affibbiare una colpa, afferma la difesa «non basta dire "sei la direttrice sanitaria"».
Stress e turni infiniti - Vanno poi considerati, aggiunge l'avvocato, «i turni di lavoro incessanti, la mancanza di personale, l'esperienza scientifica limitata, l'assenza di cure efficaci e di un vaccino. Tutto questo in uno scenario stressante e che mutava ogni giorno». La possibilità di sorvegliare e controllare, per la direttrice sanitaria, «era poi largamente limitata considerando che lavorava anche al Centro Somen».
La situazione era particolarmente incerta e tesa a inizio pandemia, afferma dal canto suo l'avvocato Luigi Mattei, difensore del direttore amministrativo. «Nessuno tra gli imputati ha mai pensato di agire contro qualcosa, ma sempre in favore di qualcosa». «Il mio assistito non gestiva poi una sola casa anziani, ma quattro, e in due di queste tra marzo e aprile 2020 non c'è stato nessun contagio». Un caso? Secondo Mattei, no. «Non si può dire "sono stati fortunati", significa che c'è stata una gestione attenta, da parte della direzione, volta a tenere il virus fuori dalla casa anziani».
I controlli? «Non erano il suo compito» - Per la difesa «è chiaro però che il direttore, che aveva sotto di lui 350 dipendenti, non poteva svolgere direttamente i lavori di sorveglianza in ambito sanitario, questi venivano delegati a numerose altre figure».
La casa anziani di Sementina, nel contesto della prima ondata di Coronavirus, «aveva però dei limiti», continua Mattei, «perché sviluppata in verticale, su molteplici piani. «Sui piani c'era ogni tipo di paziente, i letti erano tutti occupati e c'erano molti residenti con problemi cognitivi». Quando le case anziani sono state chiuse «il direttore, in ossequio a quanto ordinato, non si è poi più recato ai piani».
«Una volta dentro, era impossibile evitare che il virus si diffondesse» - Per quanto concerne invece i test non fatti o svolti con considerevole ritardo, «il medico cantonale aveva indicato di utilizzare i tamponi con parsimonia, solo nei casi più gravi». Era poi vietato, ricorda l'avvocato, testare gli asintomatici: «Ma come si poteva evitare la propagazione del virus senza tamponare tutti?». Senza questa opzione «evitare che il virus si diffondesse nella casa anziani, una volta entrato, era semplicemente impossibile».