Chiesti sei anni e mezzo di carcere per il 29enne che l'anno scorso a Gordola avrebbe preso a sprangate e badilate un 69enne.
LUGANO - «Mi dispiace per come ho reagito, mi pentirò per tutta la vita di quello che ho fatto». A dirlo, stamattina alle Assise criminali, è stato il 29enne del Locarnese accusato di tentato omicidio per la rissa avvenuta a Gordola, lo scorso 15 ottobre 2023, nel quadro di una grigliata in riva al fiume.
Stando alla pubblica accusa il giovane avrebbe tentato di uccidere un 69enne della regione che faceva parte del suo gruppo, colpendolo con una spranga di ferro e con una pala e tentando di sferrargli un calcio in testa.
Per lui sono stati chiesti sei anni e mezzo di carcere, più un trattamento stazionario per la cura delle turbe psichiche e delle dipendenze. La difesa ha chiesto invece tre anni di detenzione parzialmente sospesi con la condizionale, la scarcerazione immediata e un trattamento stazionario. La sentenza è attesa per domani alle 11.
Alcol e droghe, poi la violenza - Il giovane, interrogato dal giudice Amos Pagnamenta, ha ricostruito quanto avvenuto quella sera. «Abbiamo mangiato, bevuto birra e giocato a carte, e durante la cena ho consumato anche dell’ecstasy. Con un altro ragazzo del gruppo abbiamo poi iniziato a discutere, lui mi accusava di cose non vere, diceva che io mi vantavo di aver messo le mani addosso a una sua amica, così ci siamo azzuffati. Gli altri si sono poi armati di falcetto e coltello, e probabilmente mi sono armato anch'io. Ricordo di aver utilizzato una spranga di ferro, non ricordo invece la pala». Per quanto riguarda invece il calcio, il giovane riferisce di ricordare di averne sferrato uno contro una sdraio, ma non alla testa del 69enne.
Il resoconto del 29enne viene però messo in dubbio. «Le faccio notare che nel primo verbale aveva dichiarato che quello che avevano detto i testimoni era tutto vero. Poi ci sono stati continui cambi di versione, tra "probabilmente" e "forse"», ha osservato Pagnamenta.
«È bastata una frase, e c'erano dei bambini» - «È bastata una frase, quella sera, a scatenare la furia dell'imputato», ha esordito dal canto suo la procuratrice pubblica Anna Fumagalli. «È bastato un "Ma sei scemo?! Ti vanti di aver messo le mani addosso a una donna, che è pure mia amica", per farlo scattare, incurante pure della presenza di due bambini».
Quella sera il 29enne «ha colpito la vittima con una pala, molto vicino alla testa, e tentato di assestargli un calcio in testa», ha ricostruito la procuratrice. «Solo per pura fatalità, dunque, non ha causato la morte di una persona».
«Era determinato a uccidere» - L'imputato «era in preda a una furia incontrollata e ha dimostrato una chiara intenzionalità di ferire, anche mortalmente, i presenti. A nulla sono valsi i tentativi di placare la sua violenza: era determinato a uccidere».
Il 29enne, secondo la perizia psichiatrica, soffre di un disturbo di personalità misto con tratti narcisistici e psicopatici e presenta un pericolo di recidiva di grado medio. Fumagalli ha però evidenziato che «sebbene affetto da turba psichica e sotto l'effetto di stupefacenti è risultato capace di valutare il carattere illecito dei suoi atti».
Per la pubblica accusa, in definitiva, «l'imputato è una persona pronta ad uccidere per una frase, e che mostra totale disinteresse verso il prossimo». Nella commisurazione della pena «vanno poi considerati i suoi precedenti relativi alla guida senza patente e sotto l'influsso di alcol».
«Una ferita alla spalla, e sono bastati sei punti di sutura» - La parola è poi passata alla difesa. «L'imputato prova sincero rincrescimento per quello che è accaduto quella sera ed è pronto a saldare il suo debito con la giustizia, a condizione però che la pena prospettata sia giusta», ha detto l'avvocato Sandra Xavier.
Il 29enne «non contesta e non banalizza la gravità del suo agire, ma va sottolineata la manifesta sproporzione tra l'imputazione di tentato omicidio e l'effettiva gravità delle ferite riportate dalle vittime. In particolare, la persona che aveva le ferite più gravi ha riportato una ferita alla spalla, che ha necessitato sei punti di sutura».
«La vittima ha chiesto clemenza per l'imputato» - Le persone coinvolte nella rissa «hanno peraltro dimostrato totale disinteresse per il procedimento, e non hanno chiesto nessun risarcimento. Questo suggerisce che la vittima principale non ha percepito l'agire dell'imputato grave al punto da giustificare un'accusa di tentato omicidio», ha insistito Xavier.
«In una mail il 69enne ha poi testualmente chiesto, per quanto concerne la commisurazione della pena, di essere clementi con il mio assistito: quale vittima di tentato omicidio si esprimerebbe in questi termini? Quale persona che sente di aver rischiato la vita chiederebbe questo?»
«Non ha mai avuto l'intenzione di uccidere qualcuno» - La difesa respinge quindi l'accusa di tentato omicidio. «Il 29enne non ha mai avuto l'intenzione di uccidere qualcuno, né ha mai accettato un simile rischio».
Va poi detto «che il 69enne ha dichiarato di non ricordare che l'imputato gli abbia mai sferrato un calcio, e solo una persona del gruppo riferisce di averlo visto». Appare dunque chiaro, per Xavier, «che questo calcio sia una pura invenzione e che, almeno in dubio pro reo, va considerato come mai avvenuto».
Per quanto riguarda invece l'uso della pala, «l'imputato non ha mirato né al collo, né alla testa, e subito dopo aver sferrato il colpo ha volontariamente desistito, dirigendosi verso il fiume». Xavier ha infine ricordato che il 29enne «ha agito in una situazione di caos», dove si trovava in inferiorità numerica: «Erano tre contro uno».