Ci sono vari indicatori da tenere in considerazione e «prove crescenti» che le somministrazioni siano efficaci
ROMA - In molte nazioni ci si interroga sull'andamento della campagna di vaccinazione contro il coronavirus e su quali sono i suoi effetti sulla popolazione.
In Italia, riferisce Il Post, sono state diffuse le prime valutazioni da parte dell'Istituto Superiore di Sanità. Non si tratta ancora di uno studio approfondito, ma viene messo in luce il rapporto tra la situazione dei contagi e il tasso di vaccinazione delle prime categorie immunizzate, ovvero operatori sanitari e over 80.
Nel Regno Unito, che dispone di dati più corposi, gli indicatori che vengono considerati più affidabili sono i nuovi contagi, i ricoveri e i decessi nelle categorie già vaccinate. Uno studio dell'Università di Edimburgo, che ha analizzato i dati di 1,1 milioni di vaccinati tra dicembre e febbraio, ha mostrato che il tasso di ricoveri quattro settimane dopo la somministrazione della prima dose del vaccino AstraZeneca è stato del 94% e dell'85% per quello Pfizer-BioNTech. Alla ricerca è stata data molta enfasi sulla stampa nazionale (e non solo) e il professor Aziz Sheik, che l'ha condotta, ha affermato che i risultati sono «molto incoraggianti e ci hanno dato validi motivi per essere ottimisti per il futuro».
Altri dati diffusi dall'agenzia governativa del dipartimento della Salute, Public Health England, mostrano che dopo il picco della seconda metà di gennaio il calo medio dei decessi è pari al 64%.
C'è poi Israele, la cui campagna vaccinale è in fase ancora più avanzata. L'analisi di un biologo computazionale dell’Istituto Weizmann per le Scienze di Rehovot mostra che i ricoveri tra gli anziani sono diminuiti in molto rilevante dopo il picco della metà di gennaio. Tra gli over 60 c'è stata una riduzione dei casi sintomatici pari al 77%, di quelli gravi del 65% e un calo dei decessi del 63%. La differenza tra questa categoria di persone già vaccinate e chi non ha ancora ricevuto la dose è notevole, in termini percentuali: grazie al severo lockdown delle scorse settimane i contagiati sintomatici sono scesi del 54% (sempre rispetto al picco di gennaio) e i casi gravi sono il 15% in meno. Quindi siamo di fronte a differenze che possono arrivare al 50%.
Tutte queste analisi, però, devono essere valutate insieme a una serie di fattori esterni che possono aver influenzato l'andamento della pandemia, come le misure di contrasto prese dai governi e gli eventuali lockdown. Per questo tra gli osservatori regna ancora la cautela e si afferma che ci sono «prove crescenti» dell'efficacia del vaccino