Lockdown, carenza di cibo e nessun sostegno finanziario dallo Stato. Il Paese affronta uno dei suoi momenti più duri
PYONGYANG - Per farla molto breve: arrangiatevi e resistete. La sintesi è forse brutale nei toni ma poco si discosta dalla politica che Pyongyang sembra aver adottato per far fronte, o meglio per limitare i danni, dell'emergenza Covid che ha travolto il Paese asiatico in queste ultime settimane, dopo oltre due anni di strenuo negazionismo.
«I veri sentimenti della popolazione si rivelano quando i tempi si fanno difficili. E il valore concreto delle istituzioni sociali diventa chiaro in tempi di tumulto». Parole e musica del Partito del Lavoro di Corea che - come scrive in un articolo pubblicato su "Daily NK" dall'analista Jo Hyon, ricercatore presso l'Università di Kyungnam - sembra fare della capacità di resistere all'ondata pandemica (che tra le altre cose, in Corea del Nord, si sta sovrapponendo alla scarsità di cibo e alla difficoltà nel reperire vari tipi di medicinali) una questione di «lealtà» del popolo alla nazione.
«In una società che tutela i diritti umani - scrive Jo Hyon -, il primo passo quando i tempi si fanno difficili è quello di proteggere la società». In Svizzera, risalendo sin ai tempi della prima ondata, ne abbiamo avuto un fulgido esempio. Al momento in cui si rese necessario imporre delle chiusure, immediate, per tagliare la strada al virus, le autorità federali misero in campo una serie di misure e strumenti - le indennità per perdita di guadagno e per lavoro ridotto - per sostenere l'economia e il mondo del lavoro. Non è il caso della Corea del Nord, dove invece «le autorità del Paese hanno sollecitato la popolazione sulla gravità della situazione», scaricando poi sul popolo «ogni responsabilità».
E così migliaia di persone si sono trovate rinchiuse in casa, a fare i conti con il virus e il resto delle problematiche elencate in precedenza. «Più il governo porta avanti la sua guerra contro il virus» e «più persone vanno avanti a morire, più di fame che a causa della malattia». E non si può neanche parlare di casi confermati di Covid, dato che a causa della scarsità di test diagnostici manca la prova. E le autorità sanitarie parlano infatti quasi esclusivamente di «persone con la febbre». Il che restituisce un chiaro quadro della fragilità che caratterizza l'infrastruttura sanitaria nordcoreana.
«La carestia e la carenza di farmaci provocate dalla pandemia stanno minacciando la sopravvivenza stessa della Corea del Nord», sottolinea l'analista sudcoreano, che inquadra inoltre quanto sia al limite la situazione in particolare per gli anziani che vivono nelle aree più rurali e isolate. Al punto che «c'è chi ha perso anche la voglia di vivere» dopo essersi ritrovato «senza medicine, senza cibo e senza un soldo per potersi curare». Letteralmente «intrappolati» in un «terribile incubo».