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IRANIl regime si serve di Telegram per reprimere il dissenso

19.12.22 - 14:37
L'app rappresenta un vettore di comunicazione essenziale per i manifestanti in Iran. Il governo cerca di utilizzarla a suo vantaggio.
AFP
Il regime si serve di Telegram per reprimere il dissenso
L'app rappresenta un vettore di comunicazione essenziale per i manifestanti in Iran. Il governo cerca di utilizzarla a suo vantaggio.

TEHERAN - Torture, isolamento e interrogatori. I racconti dei ragazzi iraniani che vengono incarcerato nella prigione di Evin fanno rabbrividire. Eppure la repressione del dissenso antigovernativo è molto più estesa e si serve di un altro strumento altrettanto efficace: la censura.  

Profili rubati - «I funzionari del regime hanno utilizzato le mie chat private su Telegram, i registri telefonici e i miei messaggi per incriminarmi», ha raccontato alla Cnn Negin, una ragazza iraniana che ha preferito mantenere l’anonimato per la sua sicurezza.

«Mi hanno detto ‘Pensi di poter uscire vivo da qui? Ti giustizieremo. La tua condanna è la pena di morte. Abbiamo le prove, siamo a conoscenza di tutto». Negin, che afferma di essere stata accusata dalle autorità iraniane di gestire un gruppo di attivisti anti-regime su Telegram (accusa che nega), ha affermato di avere "alcuni amici" che erano prigionieri politici. «Mi hanno messo davanti alle trascrizioni delle mie conversazioni telefoniche con alcuni amici», ha detto, e «mi hanno chiesto quale fosse il mio rapporto con quelle persone».

Telegram essenziale per i manifestanti - Negin pensa che gli agenti iraniani abbiano violato il suo account Telegram il 12 luglio, quando si è resa conto che un altro indirizzo IP vi aveva avuto accesso. Mentre Negin era in prigione, ha detto, le autorità iraniane hanno riattivato il suo account Telegram per vedere chi ha cercato di contattarla e rivelare la rete di attivisti con cui era in contatto.

Con la diffusione delle proteste nel paese, il governo ha cercato in tutti i modi di chiudere internet. Oltre alla censura però il regime utilizza la tecnologia anche per sorvegliare e reprimere. 

Gli attivisti per i diritti umani all'interno e all'esterno del Paese hanno messo in guardia per anni sulla capacità del regime iraniano di accedere a distanza e manipolare i telefoni cellulari dei manifestanti. 

Un modus operandi già visto in passato - Amir Rashidi, direttore dei diritti digitali e della sicurezza presso l'organizzazione per i diritti umani Miaan Group, ha affermato che i metodi descritti da Negin corrispondono al modus operandi del regime iraniano. «Io stesso ho documentato molti di questi casi», ha detto. «Hanno accesso a qualsiasi cosa oltre la tua immaginazione».

«Telegram è tutto in Iran», ha spiegato Rashidi. «Era molto di più di una semplice app di intrattenimento prima di essere bloccata, eppure sono riusciti a mantenere la loro presenza in Iran semplicemente aggiungendo un'opzione nell'app».

«Se gli utenti non hanno accesso a nulla a causa della censura, hanno comunque accesso a Telegram», ha continuato. «Di conseguenza ci sono molti dati degli utenti su Telegram ed è per questo che il governo iraniano è interessato ad hackerare».

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COMMENTI
 

Equalizer 2 anni fa su tio
Ma non era il social più sicuro? Quello più blindato verso il sistema? In questo mondo digitale di sicuro non c'è assolutamente niente, né gratis né a pagamento.
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