Un'inchiesta del Washington Post delinea uno scenario a tinte fosche per lo sforzo militare di Kiev, in difficoltà nel "rimpolpare" i ranghi
KIEV - L'Ucraina è a corto di rifornimenti e soldati? A rispondere, affermativamente, alla domanda è oggi un'inchiesta del Washington Post, che dipinge un orizzonte fosco nel tracciare le prospettive sul campo per le forze di Kiev nei prossimi mesi.
È un'equazione complessa, di cui non si conosce con certezza la dimensione delle singole variabili. Armi e munizioni sono certamente un fattore di primo piano. E scarseggiano, nonostante le continue iniezioni provenienti dagli alleati - Stati Uniti in primis - che, vale la pena ricordarlo, non si possono tradurre dall'annuncio del nuovo maxi-pacchetto di turno alla discesa dei lanciamissili sul campo in un giro di lancette. Ma dopo oltre un anno di guerra, a fronte di un numero non precisato di perdite umane - che vengono stimate nell'ordine delle 120mila vittime per Kiev e 200mila per Mosca -, la scarsità è un fattore che inevitabilmente va a toccare anche la capacità di rinvigorire le proprie linee con personale militare che sia ugualmente addestrato e motivato.
«L'esperienza di combattimento è la cosa più preziosa in guerra» e «abbiamo solo pochi soldati che ne hanno». Sono le parole di un comandante di battaglione che il quotidiano americano ha intervistato. Parole intrise di pessimismo. Perché quei pochi «sono tutti feriti o morti», e oggi Kiev si trova nella situazione forzata di dover reclutare coscritti privi di esperienza. Una realtà che stride se affiancata ai proclami di un 2023 che i vertici ucraini hanno già vestito come «l'anno della vittoria»; quello della controffensiva che dovrebbe rispedire i russi "a casa loro".
«Fino alla Crimea». Ma al netto dell'inevitabile propaganda di guerra, anche nelle stanze del potere ucraino il morale, sempre secondo quanto si legge nell'inchiesta, non pare dei migliori. È difficile quindi pensare a come, in queste condizioni, potrà essere concretizzata la tanto attesa controffensiva primaverile. Certo, alla luce del sole a Kiev minimizzano sul "momento no" delle proprie forze. Per il numero uno dell'ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak, quella attuale è una fase: «In ogni guerra arriva un momento in cui devi addestrare del personale nuovo. Ed è quello che sta succedendo ora». E aggiunge: «Non credo che il nostro potenziale sia stato esaurito». Ma se così non dovesse essere, il fallimento di non riuscire a organizzare una controffensiva tanto preannunciata andrebbe a ricadere anche sugli alleati di Kiev, colpevoli, a quel punto, di un eccessivo attendismo nell'aver tradotto il proprio sostegno - sia esso nella forma di missili, carri o addestramento - dalle parole ai fatti.