Dovrà rispondere delle accuse di truffa aggravata per i casi del pandoro e delle uova di cioccolato di Pasqua "Dolci Preziosi".
MILANO - Arriverà dopo le vacanze di Natale la decisione della Procura di Milano in merito all'inchiesta in cui Chiara Ferragni è tra le persone accusate di truffa aggravata per i noti casi del pandoro "Pink Christmas" e delle uova di cioccolato di Pasqua "Dolci Preziosi".
Nei giorni scorsi il pubblici ministeri titolari dell'indagine chiusa lo scorso ottobre anche per l'ex collaboratore della influencer Fabio Damato, per Alessandra Balocco, amministratore delegato dell'azienda piemontese, e per Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID, si sono confrontati con i legali degli indagati. I quali, eccetto quelli di Damato, hanno depositato memorie difensive sollecitando la richiesta di archiviazione.
Da quanto è stato riferito i pubblici ministeri, che hanno delegato per gli accertamenti il Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, approfitteranno della pausa natalizia per le loro valutazioni. A gennaio dovrebbero, quindi, tirare le somme e decidere se chiedere il rinvio a giudizio, per citazione diretta, oppure se chiudere la vicenda processuale ritenendo vada archiviata. Molti sono gli elementi "sul piatto", tra cui anche un eventuale e ventilato accordo risarcitorio con il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori (Codacons), unica parte offesa nel procedimento, che un anno fa aveva sporto querele a "pioggia" contro la influencer, depositandole in gran parte degli uffici giudiziari italiani.
I due legali di Chiara Ferragni nella loro memoria hanno ribadito che la loro assistita non ha commesso alcuna truffa ed ha già chiuso il fronte amministrativo ed effettuato versamenti, nel frattempo, all'ospedale Regina Margherita di Torino e all'associazione "Bambini delle fate".
Per i due difensori la «vicenda non ha alcuna rilevanza penale e i profili controversi sono già stati affrontati e risolti» davanti all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. In più, contestano la procedibilità d'ufficio della presunta truffa in assenza di querele di singoli consumatori, legata all'aggravante della «minorata difesa» in quanto i presunti raggiri sarebbero stati commessi su piattaforme online.
Ora la parola passa alla Procura.