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RUSSIASequestrati 100 milioni a Google «per finanziare la propaganda russa»

25.08.24 - 21:45
I fondi sono stati prelevati nel 2022, quell'anno l'entità locale del gigante ha dichiarato fallimento
Depositphotos (Pixinooo)
Fonte Ats Ans
Sequestrati 100 milioni a Google «per finanziare la propaganda russa»
I fondi sono stati prelevati nel 2022, quell'anno l'entità locale del gigante ha dichiarato fallimento

MOSCA - Le autorità russe hanno sequestrato più di 100 milioni di dollari a Google per finanziare la propaganda a sostegno della guerra di Vladimir Putin in Ucraina. Lo scrive il britannico Telegraph citando alcuni documenti giudiziari.

I documenti depositati negli Stati Uniti hanno rivelato che le autorità giudiziarie hanno prelevato i fondi dai conti bancari russi del gigante della tecnologia nel 2022 facendo fallire la sua unità nel Paese. Secondo i documenti, i gestori fallimentari hanno consegnato i fondi ai canali televisivi russi, tra cui RT di proprietà statale e Tsargrad, un servizio di propaganda che si è impegnato a utilizzare i fondi per sostenere la guerra del Cremlino in Ucraina.

L'entità russa di Google ha dichiarato bancarotta nel 2022, affermando che il Cremlino aveva sequestrato i fondi, ma non era chiaro quanto fosse stato preso. I documenti depositati mostrano che le autorità giudiziarie russe si sono appropriate del conto bancario dell'azienda dopo che un tribunale di Mosca ha stabilito che avrebbe dovuto pagare i danni a Tsargrad TV, un canale di proprietà di Konstantin Malofeev, soprannominato «l'oligarca ortodosso» sanzionato dagli Stati Uniti per aver supportato l'invasione russa dell'Ucraina nel 2014.

Google ha intentato cause legali contro RT, Tsargrad TV e una terza emittente, NFPT, presso i tribunali statunitensi e inglesi la scorsa settimana. Secondo i tribunali russi, Google dovrebbe pagare ai tre canali ingenti somme di denaro come risarcimento per averli rimossi da YouTube e cancellato i loro account Google. Attraverso le cause, Google sta cercando di impedire alle emittenti di rifarsi sui suoi beni in giurisdizioni straniere come Sudafrica, Turchia e Serbia.

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