Duro e crudo, il film di Andrew Dominik ha generato una montagna di polemiche e non può lasciare indifferenti
SAVOSA - «È un film che dovrebbe creare polemiche e disagio. Tutto è nato dal grande rispetto per Marilyn e dalla comprensione di quel trauma. Non c'è stata mai la volontà di sfruttare il suo vissuto. Questo film vuole essere un'esperienza, vuole raccontare i suoi sentimenti, quello che stava attraversando». Queste parole di Ana De Armas, la protagonista di "Blonde", sono un ottimo modo per contestualizzare il film di Netflix che tanto sta facendo discutere e ha diviso critica e pubblico.
Pochi film, negli ultimi anni, sono stato così divisivi. C'è chi lo ha amato e chi si è sentito oltraggiato da come il regista Andrew Dominik ha trattato il personaggio di Marilyn Monroe nel suo lungo, elaborato e complesso film. Vediamo brevemente di capire le ragioni di tante polemiche.
Non una biografia, ma il romanzo di una vita "cannibalizzata" - Si parte, a mio avviso, da un equivoco di fondo: molti si sono avvicinati a "Blonde" pensando di vedere un biopic della diva scomparsa tragicamente 60 anni fa. Ma il libro omonimo di Joyce Carol Oates, dal quale "Blonde" è tratto, non è una biografia ma un romanzo. Che non racconta Marilyn in quanto donna o diva, ma parla di una creatura "cannibalizzata" da Hollywood, dal pubblico e dagli uomini che le sono stati accanto e che avrebbero dovuto darle amore.
La ricerca infinita di un padre - "Blonde" è incentrato sulla costante ricerca di amore di Norma Jeane, dall'infanzia e attraverso tutta la sua breve vita, fino al drammatico epilogo. La ricerca di un amore paterno che non ha mai avuto e l'illusione di poterlo compensare con quello di amanti e mariti. Quasi tutti gli uomini coinvolti nella vicenda ne escono malissimo: una lunga processione di predatori, alla ricerca di un appagamento sessuale, di un trofeo, di un'ispirazione. La Marilyn portata sullo schermo da Ana De Armas (uno di quei ruoli che lasciano un'impronta indelebile in una carriera) è un'anima fragile che fa i conti con un mondo feroce.
La difesa di Oates - Oates - tra le più brillanti scrittrici contemporanee, perenne candidata al Nobel e autrice di romanzi crudi e che non lasciano mai indifferenti - è intervenuta in difesa del film, sebbene non sia stata direttamente coinvolta nella lavorazione. «Penso che sia stata/è una brillante opera d'arte cinematografica, ma ovviamente non si tratta di un film per tutti. Sorprendente che in un'era post MeToo la cruda esposizione dei predatori sessuali di Hollywood sia stata interpretata come 'exploitation'. Sicuramente Andrew Dominik intendeva raccontare la storia di Norma Jeane con sincerità». I temi trattati - dallo stupro all'aborto - sono quelli che stanno generando le maggiori discussioni (vedi la recente accusa di essere un manifesto pro-life).
Non per tutti - Il finale? Estremamente intenso e disturbante. «Il regista è irremovibile, intransigente. Gli ultimi 20 minuti circa sono troppo potenti per essere guardati» ha twittato ancora Oates. E De Armas: «Ho fatto cose che non avrei mai fatto per nessun altro film. L’ho fatto per lei e l’ho fatto per Andrew Dominik. So quali sequenze diventeranno virali, ed è disgustoso. Mi infastidisce anche solo pensarci, ma non posso controllarlo». La sua interpretazione? Intensa e memorabile.
Un film da vedere - Il più grande nemico di questo film? La noia, specialmente nella prima parte che risulta la più lenta e macchinosa. Due ore e 45 minuti non sono uno scherzo (specialmente per un pubblico abituato alla breve durata degli episodi delle serie tv). Ma "Blonde" è sicuramente un film che bisogna vedere, essendo preparati che potrà piacere, oppure lo si odierà. Difficile, però, rimanere indifferenti.