Ad arricchire "Hometown Show" allo Studio Foce del 22 ottobre l'EP "Grey Days" che esce oggi
LUGANO - Sabato 22 ottobre è una data da segnare sul calendario con un circoletto rosso, per tutti gli amanti ticinesi della musica e in particolare per i fan dei Dreamshade. Quel giorno la band tornerà a esibirsi a Lugano ben sei anni dopo l'ultimo concerto "in casa". L'appuntamento è dalle 20 allo Studio Foce di Lugano con una data che si preannuncia memorabile. A certificare ancora di più l'eccezionalità dell'evento, la presenza di due importanti band della scena locale come Soulline e Redraw.
Come se non bastasse: oggi esce (con un preavviso di sole due settimane) "Grey Days", un EP con tre brani che saranno presentati dal vivo proprio davanti al pubblico luganese. Con Fernando "Fella" Di Cicco (voce e chitarra) abbiamo parlato sia di questa inaspettata pubblicazione che dello show.
Sei anni di assenza dalla città dove tutto è iniziati non sono pochi...
«Eh sì, tra tournée varie e pandemia... Finalmente ce l'abbiamo fatta».
I vostri show ticinesi sono sempre dei piccoli eventi.
«Sì, non suoniamo spesso a casa. Da subito abbiamo fatto una scelta: non più di una volta all'anno. Poi con gli anni è stato sempre più difficile, spesso eravamo in tour. Il concerto di Lugano è stato reclamato a gran voce dai fan e dagli amici. Dopo i due anni di pandemia non sono stati più organizzati concerti di questo genere in città. Hanno spinto molto per convincerci... e ce l'hanno fatta!».
Facciamo un tuffo nel passato: hai memoria dei vostri primi concerti, ormai una quindicina di anni fa?
«Certo! Mi ricordo benissimo tutte le date, anche perché non sono state tante. Il primissimo è stato a Mendrisio, a quello che una volta era il Bvlgari. Per noi era già un bel successo: è arrivato ancora prima della pubblicazione del nostro EP di debutto. Fu merito di Myspace e il player musicale che c'era sulla pagina aveva fatto girare parecchio il nostro nome (anche perché eravamo tra i pochi ticinesi a usarlo). C'erano 300 persone, se non ricordo male».
La prima volta a Lugano?
«Al Metrò Club, con una band di Bologna con la quale facevamo cambio data, i Disillusion. Abbiamo fatto un concerto all'anno al Metrò fino a quello per la pubblicazione del primo album "What Silence Hides". Era gennaio 2011 e avevamo appena firmato per la Universal. Quella volta fu sold-out.».
Avete suonato davanti ai pubblici più vari, in giro per il mondo: ci sono differenze tra quelle platee e il pubblico luganese?
«Sì, ce ne sono parecchie. Qui ci conoscono personalmente e le persone accorrono più per ascoltare cosa abbiamo da dire, mentre all'estero vengono per essere stupiti. Quando vai a suonare dall'altra parte del mondo i fan sanno che potrebbe essere l'unica occasione che hanno per vederti: per loro quindi è un vero e proprio evento, che pianificano mesi prima».
A Lugano, invece, diventa forse più una "rimpatriata"?
«È sicuramente un momento d'incontro, una sorta di festa nella quale vogliamo divertici con i nostri amici e chi, seguendoci fin dal primo giorno, ha assistito a tutti i nostri progressi. Sarà una sorta di regalo per chi ama il rock e il metal».
A proposito di metal: capita spesso che vi venga affibbiata l'etichetta di "metallari" con tutte le accezioni negative possibili, mentre voi siete qualcosa di molto più complesso e articolato...
«Eh sì, è difficile definirci. Siamo partiti da una base legata alla musica estrema - che è quello che ci piace fare sul palco, che è divertente da suonare e registrare - ma le influenze di altri generi di ognuno di noi sono confluite nella nostra musica. Non essendo puristi del genere, non abbiamo nessuna paura di sperimentare!».
Fedeli al precetto che le contaminazioni musicali arricchiscono...
«Tantissimo! Più influenze hai, meno sei legato a un singolo modello. Così si diventa riconoscibili ed è quello che ha funzionato per noi. Inoltre il nostro obiettivo, specialmente negli ultimi 8-9, anni, è di sorprendere i fan: quando pubblichiamo qualcosa di nuovo, nessuno ha mai la certezza di sapere già cosa sta per ascoltare. Questo ci rende assolutamente liberi».
Cosa avete voluto fare con "Grey Days", questo lavoro che arriva così, inaspettato?
«Siamo tornati sui nostri passi e abbiamo ripescato suoni e atmosfere, ma rendendole nuove e attuali. Sono solo tre tracce: la prima è iper-melodica e introspettiva, in puro stile Dreamshade; la seconda è forse la più pesante che abbiamo mai scritto; la terza, infine, è un regalo per i fan della prima ora».
Cioè?
«Abbiamo ri-registrato una canzone del primo disco, invitando il nostro primo cantante. Enrico "Iko" Castelli. Cantiamo sia io che lui che Kevin. È qualcosa che i fan ci chiedono da dieci anni e quest'anno abbiamo deciso di farlo. Ci siamo divertiti un sacco».
Quando è nata la decisione di pubblicare l'EP proprio a ridosso del concerto luganese?
«Abbiamo iniziato a lavorare a delle canzoni e, una volta in studio a registrarle, ci siamo resi conto che ognuna era molto diversa dalle altre. In un primo momento avevamo pensato di pubblicarle come singoli, ma poi abbiamo concordato che riunirle in un EP definisce perfettamente quello che è lo stato attuale della band. I Dreamshade, oggi, sono tante cose diverse».
La prevendita per il live di sabato 22 ottobre è aperta su biglietteria.ch