Lorenzo Quadri, consigliere nazionale Lega dei Ticinesi
LUGANO - Il prossimo 27 settembre voteremo sull’iniziativa "per la limitazione" (dell’immigrazione). Il nome dell’iniziativa è chiarissimo: limitazione. Non certo “azzeramento”.
Che ci sia necessità di limitare l’immigrazione è assai difficile da contestare. Infatti:
- In Ticino il 30% della popolazione è straniera (a Lugano quasi il 40%). E poi qualcuno ha ancora il coraggio di accusare i ticinesi di xenofobia?
- Sempre a seguito della libera circolazione delle persone, in Ticino i frontalieri sono raddoppiati passando a quota 70mila. Quelli impiegati nel settore terziario sono i due terzi; quindici anni fa erano un terzo del totale. In dieci anni, tra il 2009 ed il 2019, i frontalieri nel terziario sono aumentati di 20mila unità. La stragrande maggioranza dei nuovi frontalieri è dunque andata a lavorare negli uffici. Nei settori dove i permessi G integrano i residenti, come può essere quello dell’edilizia, il loro numero è rimasto più o meno costante nel tempo. Nel terziario, dove li soppiantano, sono invece esplosi.
- Ciliegina sulla torta: in Ticino quasi il 30% dei lavoratori è frontaliere. Se ad essi si sommano i lavoratori stranieri residenti, si arriva circa al 51%. Dunque, nel nostro Cantone, la maggioranza dei lavoratori è straniera.
Una situazione del genere non ha alcuna giustificazione. Altrove la popolazione sarebbe già scesa in piazza con i forconi. I ticinesi ne sono ben consapevoli. Ed infatti la limitazione dell’immigrazione l’hanno già votata oltre 6 anni fa, il “famoso” 9 febbraio del 2014. Da allora, essa è iscritta nella nostra Costituzione federale. Ma le maggioranze politiche ignorano la volontà popolare e violano la Carta fondamentale dello Stato.
Come sappiamo infatti nel dicembre 2016 a Berna l’establishment PLR-PPD-PSS ha partorito la preferenza indigena light, la cui utilità è pari a zero. La preferenza indigena light è semplicemente un obbligo di annuncio agli URC (Uffici regionali di collocamento) dei posti di lavoro vacanti in determinati settori dove il tasso di disoccupazione è particolarmente alto. Non c’è alcun obbligo di assunzione. Un simile modello non è solo inutile; è perfino un boomerang. Infatti, un numero crescente di disoccupati ticinesi non è più iscritto agli Uffici regionali di collocamento, avendo esaurito le indennità di disoccupazione. Per contro, agli URC si possono iscrivere anche i frontalieri. Per il momento sono pochi. Ma un domani non sarà più così. Infatti, l’Unione europea mira a far pagare la disoccupazione dei frontalieri non più principalmente allo stato di residenza, come accade ora, bensì a quello in cui lavoravano. Ciò implicherebbe, per la Svizzera, oltre ad una spesa ulteriore di centinaia di milioni di Fr all’anno, l’iscrizione in massa agli URC dei frontalieri disoccupati. I quali, di conseguenza, beneficerebbero anche loro della cosiddetta preferenza indigena light!
È evidente che questa situazione non può continuare. Serve una preferenza indigena vera. Non light, ma heavy. Questo è quanto ha votato la maggioranza dei cittadini svizzeri e quasi il 70% dei ticinesi (secondo l’ex presidente cantonale e nazionale del PLR Fulvio Pelli, sono tutti xenofobi).
A maggior ragione adesso che siamo alle soglie della più grave crisi occupazionale del dopoguerra, è vitale che i posti di lavoro in Ticino vengano riservati prioritariamente a chi in Ticino ci vive. L’immigrazione non va annullata: nessuno lo immagina e nessuno l’ha mai chiesto. Ma deve tornare ad essere controllata. Per questo è necessario che i cittadini il 27 settembre rinnovino una decisione che è già stata presa oltre 6 anni fa ma che le maggioranze politiche si rifiutano proditoriamente di applicare; e, dunque, che votino SI’ all’iniziativa Per la limitazione.