Jasmine Ben Ali, Candidata al Municipio e al Consiglio comunale di Bellinzona per la Lega dei Ticinesi
“E chesto l’è al me mercà, ga l’ho propri sott a caa...
E chesto l’è al me mercà, al mercà da Bellinzona.”
Così recita una canzone popolare che celebra il mercato di Bellinzona: testimonianza di come questo appuntamento faccia parte del modo di vivere dei bellinzonesi.
Un appuntamento che ci lega a filo diretto con quella storia cominciata nel 1624. E, se chiudiamo gli occhi, nel profumo del pane, dei formaggi e delle specialità ticinesi possiamo anche immaginarci a quei tempi, tra mercanti, contadini e soldati.
Il mercato è l’origine delle città, che sono nate intorno ad esso. Si pensi alle grandi piazze costruite appositamente e mantenute in attività ancora oggi, presenti in tutte le città del mondo e in tutte le culture.
È incredibile pensare come quel simbolo di unità e di scambio, che secoli fa ricopriva un ruolo molto importante nella società, si riveli assolutamente attuale anche in questo momento storico davvero particolare. Il mercato resta una boccata di normalità in un periodo che di normale non ha nulla. Anche se mascherati, possiamo guardare negli occhi volti amici; trascorrere momenti gioviali e cercare quei sapori che ogni volta che li riscopriamo ci rendono un po’ più felici e ci permettono di evadere dai disagi e dalle restrizioni.
Per via delle sfide globali che stiamo affrontando, oggi siamo tutti alla ricerca del bio, del chilometro zero, delle particolarità e dell’eccellenza. Tutto questo non è in fondo ciò che il mercato ha offerto ogni settimana da ormai 400 anni?
Appunto però… solo ogni settimana. Sotto molti aspetti è un peccato che un mercato così apprezzato e che richiama avventori da tutto il Ticino e da tutta la Svizzera, possa essere vissuto con una cadenza così limitata. Bellinzona si è ingrandita, ma questo purtroppo non è successo con il suo mercato che, benché la città sia cresciuta, è rimasto confinato alle sole piazze del centro storico principale.
In questo momento in cui la pandemia obbliga la ristorazione a restare chiusa, molti contadini e aziende agricole hanno esuberanze a disposizione. Prodotti locali e di qualità che a mio avviso sono migliori di quelli che possiamo comprare al supermercato, magari provenienti dalla Spagna o da paesi ben lontani da noi. E, sapore a parte, anche per quanto riguarda l’impatto ambientale, di cui dobbiamo occuparci tutti come meglio possiamo, il valore aggiunto che i prodotti nostrani portano è ineguagliabile.
Per questo ritengo che sarebbe interessante ricercare una maggiore coesione sociale sul territorio della grande Bellinzona tramite la possibilità di allargare l’appuntamento del mercato anche ad altre aree del suo comprensorio. Estenderlo a più giorni della settimana, portando vita, lavoro e socialità fuori dal centro storico, nei nuovi quartieri (o paesi, come tanti concittadini preferiscono ancora chiamarli).
Ovviamente questi passi sono da intraprendere in accordo con tutte le parti in causa: dai commercianti e la loro Associazione, al Comune e la sua squadra di operai, che volenterosamente si occupano dell’allestimento dei banchi. Sono convinta che i margini, sia logistici sia di mezzi già a disposizione oggi, ci siano e possano rendere tutto ciò possibile.
Si tratta principalmente della visione per il futuro di Bellinzona, che ritengo debba partire da quel simbolo di unità, convivialità e sostegno del commercio locale che il mercato ha incarnato nella Storia di questa città.