Stefano Dias, Co-presidente Verdi Liberali Ticino
LUGANO - Il Consiglio degli Stati ieri, dopo il Nazionale, ha approvato a larga maggioranza, una mozione che chiede un aumento progressivo delle spese per l'esercito a partire dal 2023, in modo da raggiungere almeno l'1% del PIL svizzero al più tardi nel 2030, corrispondente a un bilancio di circa sette miliardi di franchi (ora è di cinque miliardi). Ma sono due miliardi necessari? Ritengo che bisogna prima di tutto fare un'analisi numerica e poi politica di questa decisione, ma confesso che sono a favore dello sviluppo di un esercito moderno.
Partendo dalla parte numerica se guardiamo i dati dell’istituto di ricerca SIPRI si evince che la spesa dal 1990 a oggi è tendenzialmente diminuita, se prendiamo la percentuale di spesa in rapporto al PIL passiamo dal 1,6% nel 1990 allo 0,7% del 2021 che risulta essere il più basso comparato ai nostri vicini (Austria 0,8%, Italia 1,5%, Germania 1,3% e Francia 1,9%). Se guardiamo a paesi più distanti da noi, neutrali e con un forte ed efficiente sistema sociale, come Finlandia e Svezia, notiamo che nel 2021 spendono rispettivamente il 2% e 1,3% del PIL per la spesa militare. Ma se questo non bastasse per comprendere se effettivamente a fronte di una diminuzione degli investimenti fatti nella spesa militare, rispetto comunque a un PIL che è notevolmente cresciuto (da 369 miliardi nel 1990 a 706 miliardi nel 2020), prenderei la percentuale destinata alla spesa militare nel bilancio svizzero. Nel 1990 questa percentuale era del 5,1% del totale, mentre nel 2020 questa era al 2%.
Cosa vuol dire concretamente, di tutti i soldi spesi dal governo il 2% è destinato al nostro esercito, dunque abbiamo avuto una diminuzione del 3,5%, che smonterebbe la tesi del fronte di sinistra che i soldi spesi per la difesa nazionale sono sottraiti ad altri ambiti, nella realtà negli ultimi 30 anni è stato il contrario. Se compariamo sempre i nostri vicini e i due paesi nordici, notiamo una diminuzione generale ma meno marcata rispetto alla Svizzera. Infine ultimo dato che vorrei comparare è la spesa pro capita, nel 1990 in Svizzera ogni cittadino "spendeva" in media 609$ all'anno mentre nel 2021 siamo passati a 658$ in leggero aumento rispetto alla media di 538$, la spesa più bassa si è toccata agli inizi del 2000 con 384$ a persona. Anche qui gli altri paesi che ho preso come paragone sono leggermente più alti rispetto alla Svizzera, con punte di 711$ per la Francia e 327$ per i vicini austriaci.
Preso atto che l'esercito Svizzero dal 1990 a oggi ha visto una certa "cura dimagrante", ci si può chiedere se sia giusto o meno garantire in questo momento questi due miliardi supplementari da implementare entro il 2030. Ieri: la "ministra" della difesa, Viola Amherd, ha voluto in parte rassicurare i presenti, in particolare la sinistra, precisando che l'aumento progressivo dei mezzi destinati all'esercito serviranno in particolare per colmare le lacune odierne, con materiale il cui acquisto è già programmato e approvato dal Parlamento. La consigliera federale vallesana del Centro ha poi sottolineato che ogni anno le Camere potranno approvare o meno le decisioni di spesa del Governo: nessun automatismo insomma. Sembra una buona rassicurazione e ritengo che la ministra Viola Amherd sta facendo un eccellente lavoro in un dipartimento che è sempre sotto l'attacco politico e mediatico, attacchi che la sinistra effettua ferocemente con la solita retorica comunicativa, ma che trovo a volte incoerente. Anche ieri agli Stati si paventava il rischio di sprechi, di non avere i progetti per investirli, tutte argomentazioni che cozzano poi con la realtà perché quando i soldi vengono approvati dal popolo e il progetto è pronto, si lanciano iniziative atte a bloccare l'acquisto degli F35, forse, era meglio rinunciare a questo "inutile" referendum in cambio della rinuncia di questi due miliardi di aumento del bilancio.
Concludo sottolineando che lo scoppio di una guerra convenzionale a pochi passi dal nostro confine ha sicuramente sconvolto tutti, ma questa decisione di aumentare e allocare le risorse credo debba essere fatta dopo un'analisi a guerra conclusa. Sono convito che negli ultimi anni il nostro esercito abbia creato una struttura di politica di sicurezza che è in grado di fare ciò che deve fare, ma realisticamente non possiamo pensare di difenderci da soli, nessun paese al mondo può farlo. Dall'attuale scontro in Ucraina possiamo apprendere degli insegnamenti preziosi che andranno poi tradotti in azioni concrete, visto che un esercito potente come quello Russo sta trovando grandi difficoltà con un esercito piccolo, ma in grado di rispondere all'attacco in modo agile, moderno e intelligente, questo è ciò che dobbiamo ambire anche noi. Motivato, moderno, mobile: queste sono le tre "m" che dovremmo tenere a mente per il futuro del nostro esercito. Nel contempo procediamo all'approvazione di crediti per progetti puntuali e moderni, come ad esempio quello per gli F35, il sistema integrato di difesa dello spazio aereo o la cybersicurezza. Io difendo l'esercito ma non affrettiamoci inutilmente.