Di Lino Ramelli, PLR sezione Locarno
La recente adozione da parte del Consiglio degli Stati di una misura che in pratica condurrà al ridimensionamento delle future rendite della previdenza professionale e che fa seguito a quella approvata in settembre dal popolo riguardante l’innalzamento dell’età del pensionamento per le donne non fa che prolungare anch’essa di qualche anno la viabilità finanziaria di un modello, quello dei 3 pilastri, che risponde sempre meno all’evoluzione della società e del mondo del lavoro. È forse giunto il momento di chiedersi se non sia necessario riflettere su un cambiamento più radicale del sistema scordando il quadro esistente.
Idealmente ogni cittadino legalmente residente nel nostro territorio dovrebbe avere il diritto ad un’esistenza dignitosa anche se non è in grado di lavorare qualunque ne sia il motivo grazie a una rendita sufficiente ottenibile senza sottoporsi a pratiche talvolta svilenti.
Il modello attuale è basato sulla complementarità con la previdenza professionale ed è proprio questo il punto debole poiché varie categorie professionali, spesso le più fragili, ne sono parzialmente o totalmente sprovviste e i nuovi modelli emergenti nel mondo del lavoro rischiano di ulteriormente indebolire l’apporto del secondo pilastro.
E se aumentassimo massicciamente l’AVS trasformandola in una rendita in grado di garantire a tutti gli aventi diritto la copertura dei loro bisogni vitali? Bisogni che non dipendono dal genere, dall’età, dallo stato civile, dalla provenienza o dal trascorso professionale. Una rendita uniforme e sufficiente (indicativamente il doppio della rendita minima attuale, semplificherebbe anche la ricerca di soluzioni in alcune situazioni problematiche quali i pensionamenti anticipati per certe categorie professionali, le rendite insufficienti per i percorsi professionali meno qualificati o irregolari o le lacune legate a prelievi del capitale della previdenza professionale.
Il costo di una tale operazione sarebbe evidentemente enorme, ma potrebbe in gran parte essere coperto mediante un massiccio travaso di prelievi dalla previdenza professionale, dall’abolizione di vari sussidi e delle rendite complementari e, non da ultimo, da una gestione amministrativa semplificata.
La previdenza professionale come concepita attualmente manterrebbe il suo scopo ossia assicurare il livello di vita precedente, ma avrebbe un carattere più marginale e opzionale mirato sui beni e consumi non primari, ma non per questo meno legittimi.
L’approfondimento di un tale modello necessiterebbe un’analisi approfondita di molteplici aspetti e la sua eventuale implementazione non potrebbe che essere progressiva sull’arco di almeno una generazione, ma è forse una valida alternativa all’impasse attuale.