Rocco Vitale, co-coordinatore Giovani Verdi
La ripartizione dei dipartimenti del Consiglio federale, avvenuta il 9 dicembre, non è andata secondo i desideri di chi rivendica una politica energetica orientata al raggiungimento degli obiettivi climatici. Il lobbista del petrolio Albert Rösti avrà comunque le mani più legate di quanto non facciano presagire gli scenari più catastrofici. Il sistema collegiale, il Parlamento e la popolazione impediranno al sindaco di Uetendorf di stravolgere la politica climatica, che già versa in cattive acque (cf. legge CO2). È tuttavia probabile che l’impostazione ideologica di Rösti e del suo partito rallenteranno o addirittura ostacoleranno in diversi modi una svolta energetica in ottica sostenibile. Il fattore tempo è però determinante nella riduzione degli effetti dei mutamenti climatici e dei danni ecologici, sociali ed economici che ne derivano. A fronte di una probabile “inerzia federale”, i cantoni possono sfruttare il margine di manovra loro offerto dal principio di sussidiarietà e fare da apripista. La protezione ambientale nel settore degli edifici, per esempio, è di competenza cantonale. In Ticino urge sostituire in tempi rapidi i vetusti impianti di riscaldamenti elettrici diretti e a energie fossili con sistemi rinnovabili ed efficienti. Il valido programma di incentivi attuali andrebbe rafforzato con nuove forme di agevolazione. Anche i proprietari di immobili che non dispongono di un capitale proprio sufficiente dovrebbero avere la possibilità di convertire i propri impianti di riscaldamento. Ma il risanamento degli edifici non è il solo ambito in cui il soleggiato sud delle Alpi dovrebbe intervenire con maggiore risolutezza. Al fine di aumentare la quota delle rinnovabili non ancora sfruttate nel mix elettrico ed anticipare nuovi bisogni nell’ambito dell’elettrificazione di diversi settori, il nostro cantone dovrebbe sfruttare maggiormente il suo enorme potenziale solare, ancora largamente inutilizzato (il fotovoltaico alle nostre latitudini produce 4,2% di elettricità rispetto al 6% medio degli altri cantoni confederati): solo sui tetti degli edifici privati potremmo raggiungere una potenza di 13 (!) volte superiore a quella attualmente installata, coprendo così più del 30% del consumo ticinese. Ma perché tutte queste modifiche – alle quali andrebbero aggiunti altri settori chiave della politica climatica, tra i quali il trasporto – avvengano con sufficiente velocità, la popolazione può lanciare un messaggio alle urne l’anno prossimo. Con le cantonali prima e le federali poi, il 2023 sarà un anno chiave. A trarre beneficio da una transizione energetica che si articola intorno alla sobrietà, allo sviluppo delle rinnovabili e alla promozione dello stoccaggio saranno il borsellino (prezzi più bassi e stabili), l’economia (creazione di posti di lavoro ad alto valore aggiunto e con futuro), la sicurezza (meno vulnerabilità in un contesto geopolitico altamente volatile), la pace (non finanziamo regimi “problematici”) e… il clima!