Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale
I rapporti con l’Unione europea tornano di prepotenza alla ribalta della politica con il tema del mandato negoziale. Si è tenuto pochi giorni fa a Bruxelles l’ultimo incontro tra il ministro degli esteri Cassis e il vicepresidente della Commissione europea e delegato ai rapporti con la Svizzera Maros Sefcovic. Purtroppo sembra di assistere a un brutto film già visto.
Il Consiglio federale ha annunciato che il mandato negoziale verrà presentato solo a fine anno, dopo le elezioni. Già si sente puzza di bruciato. Il sospetto è che – dietro l’apparenza della correttezza formale - ci sia qualcosa da nascondere. Qualcosa che non si vuole rendere tema di campagna elettorale. Infatti gli elementi chiave del mandato negoziale, resi pubblici nelle scorse settimane, non lasciano presagire nulla di buono.
Tutti i “no go” sono ancora lì: la ripresa dinamica - ossia automatica - del diritto UE, i giudici stranieri (Corte di giustizia europea), e perfino la direttiva europea sulla cittadinanza. Quest’ultima sciagura provocherebbe l’assalto alla diligenza del nostro Stato sociale (potenziale libero accesso a 450 milioni di abitanti dell’UE) e l’impossibilità di espellere stranieri che delinquono o che sono a carico della collettività, se questi sono cittadini comunitari.
L’unica novità che si è sentita è “ovviamente” peggiorativa: la Svizzera sarebbe disponibile (?) a rendere regolari i contributi miliardari di coesione a Bruxelles. Agli svizzeri viene detto che bisogna risparmiare; però i miliardi da regalare all’estero si trovano sempre. Nel maggio 2021 sono state giustamente interrotte le trattative sull’accordo quadro istituzionale. Adesso però si prospetta la stessa minestra, ma ancora più costosa. Da Bruxelles, infatti, giungono sempre le medesime pretese. Gli eurocrati non hanno arretrato di un centimetro. La controparte elvetica, a partire dal ministro degli esteri, non sembra in grado di fissare dei paletti.
È palese che un accordo quadro fotocopia peggiorativa di quello già affossato due anni fa non è accettabile.Facendo ricorso a un’espressione abusata, si potrebbe dire che questa è “la madre di tutte le battaglie”. Un legame istituzionale con l’UE come quello che si sta configurando provocherebbe la sparizione della Svizzera così come la conosciamo oggi. Segnerebbe la fine della nostra sovranità, della nostra indipendenza e anche della nostra democrazia diretta: le leggi ce le detterebbe Bruxelles. Di fatto i cittadini svizzeri, a seguito della rottamazione dei diritti popolari, perderebbero anche il diritto di voto.
I buoni rapporti commerciali tra Svizzera e UE sono importanti. Ma lo sono per entrambe le parti. E attualmente i maggiori vantaggi li trae l’Unione europea. Non ha quindi alcun interesse a far saltare gli accordi bilaterali attuali. Due punti sono imprescindibili:
La Svizzera deve pertanto ridurre la propria sudditanza nei confronti di Bruxelles e guardare con maggiore interesse a partner commerciali alternativi: ad esempio quelli dell’Accordo transpacifico, a cui di recente ha aderito anche la Gran Bretagna. Pensiamoci, con l’avvicinarsi del Primo Agosto.