Amalia Mirante
80’000 frontalieri tanti? Troppi? Il dato quantitativo pubblicato qualche giorno fa è solo una parte del problema. Per capire quanto è seria la situazione, dobbiamo guardare indietro.
Vent'anni fa, più di un frontaliere su due (52%) lavorava nel settore secondario, soprattutto in quello manufatturiero e delle costruzioni. Il terziario occupava i rimanenti e lo faceva soprattutto nel commercio, nelle riparazioni d’automobili, nella sanità e nell’accoglienza (ristoranti e alberghi). Erano molto meno presenti nelle professioni scientifiche e nei servizi alle aziende (3.5% e 2.6%, rispettivamente).
Vent’anni fa il detto secondo cui “i frontalieri fanno i lavori che gli svizzeri non vogliono più fare” poteva essere vero. Ma oggi di sicuro le cose non stanno più così. Oggi i frontalieri fanno i lavori che gli svizzeri e i residenti farebbero se potessero permettersi di lavorare per le paghe date ai frontalieri.
Nel 2023, lavorano nel settore terziario oltre due frontalieri su tre (67.5%). Ma è guardando ai lavori che vengono fatti oggi rispetto a vent’anni fa in questo settore che l’analisi diventa interessante. La quota di persone nel commercio al dettaglio e nelle riparazioni d’automobili come anche nella sanità e nella ristorazione scende. Al contrario vi è stato un marcato aumento nelle professioni scientifiche (attività legali e contabili, studi di architettura e ingegneria, ricerca e sviluppo) e in quelle legate al supporto aziendale. In questi settori gli occupati sono aumentati di due volte e mezzo, raggiungendo rispettivamente il 18% e il 14% degli occupati nel settore terziario.
Quindi abbiamo oggi relativamente molti più frontalieri negli uffici che nelle officine, nelle risorse umane che nelle fabbriche, nei laboratori che nei cantieri. Sono le famose professioni che una volta erano riservate ai residenti e che erano pagate meglio.
In parole povere, l’occupazione dei frontalieri si sta riducendo nei settori a più basso valore aggiunto per aumentare in quelli con un potenziale alto valore aggiunto. I famosi lavori che gli svizzeri e i residenti, vorrebbero fare, se potessero. Se le paghe distribuite ai frontalieri in quei settori non fossero… a misura di frontaliere.
Conseguenza grave? La pressione sui salari interessa oggi anche i settori retribuiti meglio. Tra i salari alti i divari tra residenti e frontalieri sono di circa il 35% (dati del 2020). Un frontaliere guadagna un terzo in meno. E le differenze tendenzialmente aumentano all’aumentare dell’età. Quindi diventa sempre più conveniente per un datore di lavoro assumere un lavoratore da oltre frontiera. Sempre meno assumere qualcuno che vive e spende qui.
E che dire dell’età? I frontalieri “invecchiano”. La quota delle persone con più di 50 anni per esempio è salita dal 20% del 2003 al 30% del 2023. Questo significa che i cinquantenni residenti saranno i prossimi perdenti della libera circolazione. Anche in queste fasce di età le differenze tra i salari dei residenti e quelli dei frontalieri sono molto elevate. Per cui conviene ai datori di lavoro assumere persone anziane all’estero e lasciare a casa i nostri cinquantenni.
Gli svizzeri, i residenti e gli stranieri residenti quei lavori lì, li farebbero ma non possono; i cinquantenni buttati fuori dal mercato del lavoro, quei lavori li avevano e non li avranno più. Ce lo dicono le statistiche se solo le si volesse leggere, mentre invece si preferisce alimentare la favola dei “lavori che gli svizzeri non vogliono fare”.