Aron Piezzi, Deputato PLR
C’è almeno una convergenza tra i promotori dell’iniziativa (estrema) sulla biodiversità e la difesa acritica della presenza dei lupi: porterà all’estinzione dell’agricoltura di montagna, cioè – oltre alla perdita di… biodiversità (sic!) – alla cancellazione di un settore tradizionale legato alla terra, essenziale per il nostro territorio. Il classico autogol insomma, da evitare.
Siamo confrontati, per l’ennesima volta e sempre più spesso ultimamente, con due approcci opposti all’ambiente naturale: uno che vorrebbe esaltarne la natura intatta, ostile nei confronti di chi la vive rispettandone le leggi fondamentali, presidiandola e ricavandone gli interessi senza intaccarne il capitale; l’altro che desidera promuovere e occuparsi giornalmente del paesaggio, frutto di un secolare equilibrio e rispettoso fra natura e cultura, evitando che l’inselvatichimento la faccia da padrone e privilegiando invece ambiti socio-economici di nicchia e qualità. Noi dobbiamo privilegiare questa seconda visione della montagna, in cui l’aspetto culturale e tradizionale non sia sacrificato sull’altare della natura selvaggia e museificata, che nulla ha a che vedere con la nostra storia e la volontà di continuare a dare valore e dignità a queste zone periferiche già in difficoltà.
Come si fa a non capire che la massiccia presenza del lupo, che mi chiedo perché sia ancora una specie protetta, porterà all’estinzione dell’agricoltura di montagna? E che in alta montagna sia impossibile, come vorrebbero i burocratici e gli ambientalisti da salotto, procedere con le misure di protezione delle greggi? O ancora, parallelamente, come propone l’ iniziativa in gioco, che proteggere in maniera tassativa il 30% del nostro paese per preservare e promuovere la biodiversità colpirebbe duramente il settore agricolo, imponendo un’incoerente importazione dall’estero di cibo e prodotti? Incredibile. Oggi – e giustamente! – si fa già tanto per la biodiversità. Ciò deve continuare, considerando con sensibilità ed equilibro esigenze umane e sviluppo della natura. Senza eccessive pretese e limitazioni controproducenti. È ovvio, quindi, che voterò NO all’iniziativa sulla biodiversità.
Quando si parla di ambiente naturale sento spesso dire che l’uomo non sia a casa sua e che tutto debba essere lasciato alla spontaneità e agli animali. Ossia, ad esempio, che il lupo si troverebbe nel suo habitat ed invece l’essere umano sarebbe un intruso. La storia invece insegna che l’attività umana si è sempre spinta fin sulle alte vette: queste ultime, infatti, sono disseminate di tracce antropiche funzionali ai bisogni fondamentali dell’uomo, aromoniosamenrte inserite nel paesaggio e figlie di una vita di transumanze, volte a favorire le attività di alpicoltura e di pastorizia. Queste ultime sono ormai messe in ginocchio dalla presenza sconsiderata di lupi e da mentalità fuorvianti che privilegiano la natura selvaggia anziché la corretta convivenza tra attività umane e natura. Bisogna combattere l’ideologia, soprattutto cittadina, che decanta il mito della natura selvaggia: le Alpi – come da sempre sostiene l’antropologo italiano Annibale Salsa, profondo conoscitore del mondo alpino – “non sono selvagge, ma derivano dall’interazione tra la componente naturale e quella umana.” Chi ha davvero a cuore il futuro di queste zone deve dunque privilegiare un approccio culturale alla montagna, che sviluppi una simbiosi tra uomo e natura, senza ideologismi ed estremismi.