In Australia Djokovic ha goduto di favori inarrivabili per qualsiasi comune mortale
Viaggi e sbadataggini: in Australia Djokovic si è mostrato pericolosamente superficiale.
MELBOURNE - Inserito nel programma dei match di giornata e poi velocemente cancellato. Più che nella sezione “sport”, una volta ancora il nome di Novak Djokovic è comparso in quella relativa alla cronaca. A quella dell’attualità, al massimo.
Oltre ad aver perso l’ennesima partita davanti alla giustizia australiana e ad aver perso dei soldi (dovrà pagare le spese processuali), in questi complicatissimi giorni di gennaio il serbo ha perso credibilità e faccia. Non tanto per la sua scelta - personale anche se egoistica - di non vaccinarsi, quanto piuttosto per la convinzione di poter seguire delle regole tutte sue. Certo il peccato originale, garantendogli un’esenzione che non “meritava”, lo ha fatto qualche funzionario distratto o compiacente dello Stato di Victoria; da lì in poi, dallo stop in aeroporto in avanti, toccato il fondo Nole ha però cominciato a scavare. La positività non comunicata, la pericolosa scelta di continuare con la sua vita sociale quando contagiato, i viaggi non cancellati, i documenti compilati in modo erroneo… il serbo ha davvero mostrato di aver affrontato con estrema superficialità tutta la questione. E ha pagato a caro prezzo le sue mancanze. Questo nonostante, nel disagio che sicuramente ha vissuto, abbia comunque goduto di favori inarrivabili per qualsiasi comune mortale. Il suo status gli ha infatti fatto ottenere, per esempio, udienze velocissime. Prima quella davanti ad Anthony Kelly, giudice del Tribunale federale, e in seguito, addirittura organizzata nel weekend dopo lo stop imposto venerdì dal Ministro Hawke, quella davanti alla Corte dei tre togati Allsop, Besanko, O’Callaghan.
Più che avere la possibilità di riscrivere i suoi record nel primo Slam dell’anno (e nella sua carriera), più che - soprattutto - continuare a fare proseliti, a Melbourne Nole ha saputo essere divisivo. Un supersportivo dovrebbe poter unire facilmente o, al massimo, far chiacchierare i tifosi che appartengono a una o all’altra “fazione”. Il 34enne di Belgrado ha invece fatto spegnere i riflettori sullo sport, il suo mondo, accendendoli (o forse è meglio dire puntandoli con forza) sulle proteste no vax. Ha poi fatto parlare, non sempre a proposito, la sua famiglia, ha dato un motivo per manifestare alla comunità serba in Australia e ha fatto nascere scaramucce tra due Governi. Tanto rumore di cui si sarebbe volentieri fatto a meno.
Stratosferico in campo, Djokovic ha guadagnato con merito una visibilità potentissima. Che lo rende ammiratissimo ma che, contemporaneamente, lo dovrebbe spingere, per non dire costringere, a comportarsi da modello. In questa occasione ne ha fatto tuttavia un pessimo uso.
Di quella visibilità si è avuta prova anche nell’udienza davanti alla corte federale la quale, trasmessa live, ha avuto picchi di ascolto incredibili: 80-100’000 “spettatori” in contemporanea. Pure questo è un record ma non siamo sicuri del fatto che sia qualcosa di cui Nole possa vantarsi. Di certo quei numeri e tanta pubblicità, i suoi sponsor non l’hanno apprezzati.