Porto, Triplete e Premier lontani: a Roma Mourinho è desaparecido
Arno Rossini: «In questi mesi Mourinho non è riuscito a dare un gioco alla Roma»
ROMA - Che i fasti del Porto, dell'Inter del triplete, delle prime avventure in Premier League e anche - in parte - del Real Madrid fossero ormai lontani lo si era capito da tempo. Una volta, quando si parlava di José Mourinho, lo si indicava come lo Special One; adesso però, guardando quel che sta combinando la sua Roma, si dovrebbe pensare a un altro soprannome.
«Questa Roma non mi sta convincendo - ha graffiato Arno Rossini - ha poco equilibrio e poco carattere. È una delusione? Sicuramente mi sarei aspettato molto di più».
Quindi Mourinho come lo chiamiamo? Nella capitale italiana va di moda "er Bollit-one". Ma anche lo "sbagliato": the "Wrong one"…
«Diciamo Special One con la mascherina. Ai giallorossi mancano compattezza difensiva e pericolosità in avanti. Manca poi quello spirito che spesso ha contraddistinto le squadre del portoghese. Quelle vincenti almeno. In passato José ha saputo far dare ai suoi giocatori più di quanto realmente potessero. E questo lo ha portato a ottenere risultati incredibili. Ha convinto molti a sacrificarsi per i compagni. E il primo esempio da prendere è, ovviamente, Eto’o: il camerunense è stato schierato in fascia nell’anno di grazia dell’Inter. Tutto ciò a Roma non gli sta riuscendo».
È lui a essere appannato o è la rosa che è effettivamente di scarsa qualità?
«Sicuramente questa Roma non è da primissimi posti. Mancano dei leader in difesa e qualcuno bravo in mezzo al campo. Non ci sono poi degli attaccanti capaci di segnare con continuità. Quel che fa tuttavia storcere il naso è che in questi mesi Mourinho non sia riuscito a dare un gioco nel quale tutti possano riconoscersi. Ne racconto una. L'uscita sulle seconde palle è fatta con estrema titubanza. Ed è un aspetto importante del gioco. È un particolare, è vero, ma sono i particolari a fare la differenza».
Il portoghese sembra al momento concentrato a protestare con la dirigenza per ottenere qualche rinforzo a gennaio…
«Sì, è vero. Sta forse sprecando delle energie in quel campo. Mentre sul rettangolo verde non ha ancora dato un’impronta alla squadra. Ci sono segnali che dovrebbero far preoccupare i tifosi. Nel weekend, contro l'inter, la partita si è chiusa già nel primo tempo. Va bene il passivo pesante (0-3, ndr), ma mi sarei aspettato di vedere un minimo di reazione da parte dei giallorossi. E invece questa non c'è stata. Per quello ho parlato anche di testa. La Roma può anche avere delle lacune, a livello di ordine e intensità però proprio non ci siamo. Le grandi squadre sono prima di tutto riconoscibili e caratterialmente forti. E chi è caratterialmente forte non prende - per esempio - sei gol in Norvegia. La storiella della serata storta non vale… Grazie a una capacità di imporsi e comunicare fuori dal comune, normalmente Mourinho riusciva ad avere un grande impatto negli ambienti "nuovi". A Roma non ha fin qui saputo farlo. E siccome si tratta di una piazza caldissima, se non ci sarà un deciso miglioramento difficilmente sarà confermato anche per la prossima stagione».
Compattezza, solidità difensiva e… ripartire. Alla fine, nel calcio, i segreti per ottenere buoni risultati sono davvero solo quelli? Allegri, alla Juve, lo fa da anni; prima era criticato ma vinceva, ora non fa nemmeno (troppi) punti…
«La differenza rispetto al passato è che adesso non ha Pirlo o Pjanic in mezzo al campo. Non ha campioni del genere, con quelle qualità, quella velocità di esecuzione, quella visione di gioco. Elementi in grado di far cominciare rapidamente l’azione offensiva. Quando hai qualità in mezzo al campo puoi scegliere come affrontare l’avversario di turno. Pensiamo alle migliori squadre in Italia: chi è davanti in classifica ha un centrocampo di grande spessore. L'Inter, per citarne una, ruota intorno a Brozovic, uno che era titolare con Conte e che è titolare con Inzaghi. Un motivo ci sarà se nessuno vuole rinunciare alle sue doti. La Premier, invece? Pensate al Liverpool e al City: sono fortissimi in ogni reparto, ma è in mezzo che fanno davvero la differenza».
In Inghilterra riescono a giocare anche con tutt’altra intensità rispetto alle rivali del continente…
«Ma i preparatori atletici sono uguali ovunque. La differenza non è correre tanto ma riuscire a farlo bene. Come si fa? Se si è innescati alla perfezione da chi guida la squadra, si sprecano meno energie durante la partita. E fare uno scatto al 90’, quando c'è l'occasione, quando c'è la possibilità, è molto più facile».