Il punto sull'epidemia: il DFAE riporta a casa 3'500 svizzeri per il 4 aprile. L'esercito schiera nuove truppe sanitarie
Da parte sua la protezione civile è pronta a svolgere i propri compiti. 42'000 aziende hanno nel frattempo richiesto il lavoro ridotto.
BERNA - Con la consueta conferenza stampa delle 14.00, le autorità elvetiche hanno voluto fare il punto della situazione per quanto riguarda la pandemia di coronavirus. I dati - comunicati poco fa dall'Ufficio federale della sanità - mostrano come l'epidemia stia prendendo sempre più vigore in tutto il Paese. I casi confermati sono infatti saliti a 10'714 (+1'002), mentre i morti sono almeno 170. Proprio per commentare queste cifre e per discutere delle questioni prettamente sanitarie riguardanti il Covid-19, il primo a prendere la parola è stato Daniel Koch. Il capo della divisione malattie trasmissibili dell'UFSP ha subito fatto una precisazione riguardo a Swisscom e alle rilevazioni dei raggruppamenti di persone tramite il telefonino: «Non si tratta di sorveglianza». I dati - assicura Koch - verranno usati in maniera anonima e non in tempo reale. «Vogliamo solo controllare i movimenti della popolazione nei luoghi pubblici. Per questo guarderemo i dati del giorno precedente». Per quanto riguarda l'aumento dei casi Koch è chiaro: «La pandemia si sta espandendo nel Paese. La fluttuazione dei dati è provocata dal fatto che i laboratori hanno molto lavoro».
Dati ticinesi non ancora interpretabili - Sulle cifre ticinesi, il capo della divisione malattie trasmissibili non si sbilancia: «I dati non sono ancora interpretabili. Bisogna essere molto prudenti e attendere almeno ancora sette giorni prima di poter intravvedere una tendenza».
«Picco non ancora raggiunto» - Koch ha poi aggiunto che non è ancora il momento di mollare in quanto il picco dell'epidemia non è ancora stato raggiunto. «È importante che la popolazione capisca che le misure restrittive e di distanziamento sociale vanno mantenute così come sono per contenere il più possibile la pandemia». Koch, interrogato da alcuni giornalisti, parla poi della tanto chiacchierata immunità di gregge: «L'efficacia di questa forma di protezione è un'ipotesi. Ma eticamente non vogliamo mettere a rischio la popolazione».
Rimpatri - Il secondo a prendere la parola è stato Johannes Matyassy. Il direttore della Direzione consolare del DFAE ha riferito degli aggiornamenti sui rimpatri degli svizzeri all'estero. « Entro il 4 aprile circa 3'500 cittadini elvetici che attualmente si trovano in giro per il mondo, saranno riportati a casa». Il loro rientro si è svolto in tre distinte fasi. La prima si è basata sulla responsabilità personale: «Tanti sono tornati con i loro mezzi». Nella seconda fase sono stati organizzati diversi voli charter per andare a prendere quegli svizzeri che non erano riusciti a organizzare il loro viaggio di rientro. «Circa 1'400 persone sono rientrate. Altri voli sono programmati. Ad esempio alcuni aerei voleranno a Bangkok». La terza fase, invece, riguarda quegli svizzeri che non possono essere rimpatriati immediatamente. «Il DFAE dà loro sostegno, anche finanziario, in base alla protezione consolare». Il Dipartimento diretto da Cassis è a conoscenza di diversi casi di malattia fra i turisti svizzeri, con un decesso.
Protezione civile ed esercito - Christoph Flury, capo della protezione civile, dice che i suoi uomini sono pronti a svolgere i compiti prestabiliti. «Sono circa 5'500. La maggior parte di essi agiscono in Ticino e Romandia». Da parte sua il Capo di Stato maggiore dell’esercito Raynald Droz precisa che nuove truppe di sanitari sono state mobilitate per contrastare l'avanzata del virus e altre lo saranno in futuro. «Dobbiamo addestrare i soldati e integrarli nelle truppe. È una cosa nuova. Molti militi erano già stati congedati e dovranno recuperare tutto il materiale che già avevano restituito». In totale l'esercito ha mobilitato finora dai 3.800 ai 4'000 soldati sanitari. «Ora - precisa Droz - siamo alla ricerca di quei militi con formazione sanitaria che prestano servizio in tutti gli altri settori dell'esercito».
Lavoro ridotto per 42'000 - Boris Zürcher, Capo della direzione del lavoro alla SECO, ha poi fatto il punto sul lavoro ridotto. «Circa 42'000 aziende lo hanno richiesto per un totale di 570'000 dipendenti. Circa l'11% degli impiegati in Svizzera lavora attualmente a tempo ridotto. In Ticino questa percentuale sale al 34%», ha precisato Zürcher. Passando invece alle fideiussioni, sono già oltre mille le aziende che ne hanno ricevuto una. «Un bel risultato se si pensa che il sistema è attivo solo da questa mattina alle 8.00». Il formulario - precisa ancora la SECO - è già stato scaricato oltre settantamila volte.
Coprifuoco? «Stiamo analizzando l'ipotesi» - Susanne Kuster, vicedirettrice dell'Ufficio federale di giustizia, è stata interpellata sull'eventuale possibilità di mettere in atto un coprifuoco. «È un'ipotesi che l'Ufficio federale di giustizia sta valutando. Per ora si tratta solamente di un'analisi preventiva. Per avere qualcosa in mano nel caso si dovesse arrivare fino a quel punto». Attualmente, però, non vi è alcun sentore che un simile provvedimento possa essere varato.
Alla conferenza stampa hanno presenziato Daniel Koch, capo della divisione malattie trasmissibili dell'UFSP; Johannes Matyassy, direttore della Direzione consolare del DFAE; Christoph Flury, capo della protezione civile (UFPP); Raynald Droz, Capo di Stato maggiore dell’esercito; Barbara Büschi, direttrice supplente alla Segreteria di Stato della Migrazione (SEM); Susanne Kuster, vicedirettrice dell'Ufficio federale di giustizia; Boris Zürcher, Capo della direzione del lavoro alla SECO; Erik Jakob, Capo della direzione per la promozione della piazza economica alla SECO; Martin Godel, Capo del servizio Politica a favore delle PMI.