Ansioso, conformista, arrabbiato. Le categorie elaborate dall'esperto. «Le trasgressioni aumenteranno»
GINEVRA - Per attraversare la crisi del coronavirus nel miglior modo possibile occorre uscire dal proprio guscio e concentrarsi su ciò che è ancora permesso. Esistono ancora una serie di cose che si possono fare, rileva Panteleimon Giannakopoulos, professore di psichiatria all'Università di Ginevra (UNIGE).
«Non siamo che all'inizio» - Interrogato sullo stato psichico della popolazione ginevrina Giannakopoulos la ritiene «molto variabile in quanto non siamo che all'inizio del contenimento», indica in un'intervista pubblicata oggi dalla Tribune de Genève. Il professore dell'UNIGE e direttore medico dell'istituto carcerario Curabilis, destinato a detenuti afflitti da turbe psichiche, distingue quattro tipi di strategie di fronte alla pandemia.
Come reagiamo? - La prima categoria sono le persone conformiste che seguono alla lettera le regole stabilite. Poi ci sono «le personalità ansiose che hanno reazioni di stress acuto, temono molto il contagio e trascorrono il loro tempo a tentare di proteggersi». Un'altra categoria è formata da persone «che hanno la tendenza a banalizzare le regole, pur seguendole fino a un certo punto».
La tentazione di disobbedire - Infine c'è una minoranza di persone refrattarie alle leggi, che «si ribellano contro ciò che è una privazione della libertà e infrangono i divieti». Queste ultime rischiano di diventare più numerose, con il passare del tempo. «Lo si osserva in ogni crisi cronica in quanto il problema non sono tanto le misure quanto la loro durata», sottolinea l'esperto.
Il problema della durata - «Da un punto di vista psicologico il Consiglio federale ha fatto benissimo a mantenere il confinamento al livello attuale» secondo Giannakopoulos. «Se si chiude in modo troppo stretto e troppo a lungo il coperchio della pentola a pressione si osservano fenomeni di anomia (disorganizzazione e distruzione di un gruppo) e di trasgressione. L'ansia deborda, l'aggressività guadagna terreno».
Cosa fare? - «In periodo di stress la ritualità canalizza l'ansia. Occorre imporsi degli obblighi. Occorre fare in modo di non limitare il nostro universo al nostro letto e alla lotta per non essere contagiati» suggerisce l'esperto. Per non sprofondare «dovremmo continuare le attività che ci legano socialmente». La questione del lavoro è fondamentale. «La nozione di dovere è molto preziosa per l'essere umano: ci sono cose che dobbiamo fare. Ed è importante esserci per gli altri. Stare a casa, creare un bunker e pensare solo a salvare se stessi, rende vulnerabili».
Nuove frontiere - Al termine dell'epidemia, Giannakopoulos ritiene che «ci sarà un grande cambiamento sociale». La pandemia «mette in discussione quanto guadagnato negli ultimi anni dopo la globalizzazione. Il giorno in cui le nostre vite non saranno più in pericolo, dovremo fare un'analisi approfondita, complessa e dolorosa. I nostri paradigmi di base cambieranno. Il rischio sarebbe il confinamento delle nazioni», dice Giannakopoulos.
Libera circolazione - Quando affermiamo la verità - dice il professore - che «non è il virus che si muove, ma la gente» mettiamo in discussione a lungo termine l'idea della libera circolazione delle persone, il mondo senza confini visibili. «C'è un rischio palpabile di erigere di nuovo confini, nella nostra testa e nella realtà».