Durante la seconda ondata il lavoro da casa non è decollato, anzi. In Svizzera è come se non fosse mai esistito.
Lo conferma un recente studio su mobilità e Covid che mostra come la stragrande maggioranza continui a recarsi sul posto. Datori e dipendenti divisi.
ZURIGO - La pandemia doveva essere una nuova riscoperta, una nuova reinvenzione del modo di lavorare e della gestione degli spazi (aziendali e privati). L'home office si sarebbe dovuto diffondere a macchia d'olio cambiando la nostra quotidianità. Così si diceva, ma la verità, però è stata ben altra.
Tutti a casa per il lockdown... - Se durante la prima ondata molti di noi (compreso tio.ch/20 minuti in toto, ndr.) ha lavorato da casa, per questa seconda recrudescenza non è stato affatto così. I treni non si sono svuotati e le arterie stradali sono rimaste (più o meno) intasate. Insomma, si continua comunque a pendolare, malgrado le raccomandazioni del Consiglio Federale di fine ottobre.
A confermarlo, è il "Monitoraggio sulla mobilità Covid-19", co-realizzato dall'Ufficio di statistica Cantone di Zurigo, la task-force scientifica sul Covid della Confederazione e il Politecnico di Zurigo. Attraverso il tracciamento via app, la ricerca prende in considerazione il percorso quotidiano degli svizzeri per recarsi al lavoro.
... ma con la seconda ondata invece no - Quali le conclusioni? Che lo spostamento per il lavoro, in questi giorni, è solo di poco inferiore a quello prima del lockdown: il 40% della popolazione attiva, infatti, continua a recarsi sul posto di lavoro quotidianamente (il tasso pre-lockdown era del 50%).
E se i treni sono stati un po' più disertati (una media del 40% in meno di viaggiatori) così non si può dire delle strade che rimangono comunque molto utilizzate, stando ai dati forniti dall'Ustra per le prime due settimane di novembre.
È tutto aperto e il virus fa meno paura - «Malgrado la seconda ondata, per molti la giornata lavorativa non è cambiata affatto» - spiega Peter Moser, viceresponsabile dell'Ufficio di statistica di Zurigo - «i motivi sono diversi: uno è il fatto che è tutto ancora aperto, dai bar passando per i musei, palestre e negozi; un altro elemento importante è che abbiamo tutti meno paura del coronavirus, non è più una minaccia completamente nuova».
I datori: «Nessun rischio» - «I datori si sono adeguati elaborando sistemi di protezione del personale, venire a lavoro non è quindi comporta rischio di contagio», spiega Henrique Schneider dell'associazione padronale SGV/USAM, «in questo senso quelle della Confederazione vanno prese più che altro come raccomandazioni. A molti dipendenti poi piace la componente sociale del venire in ufficio, è una cosa che durante il lockdown è venuta a mancare».
I dipendenti: «Molti lavori si potrebbero fare da casa» - «Molte persone che potrebbero svolgere senza problemi la loro mansione da casa in home office continuano invece ad andare in ufficio», replica Hansjörg Schmid di Impiegati Svizzera, «quella d'ignorare le raccomandazioni della Confederazione è una scelta voluta. Staremo a vedere se la Svizzera riuscirà a gestire la pandemia continuando con questa sua "strategia del rischio"».