Con cifre aggiornate si sarebbe potuto elaborare una strategia più efficace per meglio contenere la seconda ondata.
Per la Conferenza dei direttori cantonali della sanità una buona gestione dei dati è fondamentale, ma negli ultimi tre mesi i ritardi nella segnalazione di contagi e ricoveri da parte dell'UFSP si sono fatti evidenti.
BERNA - I dati che giungono in ritardo o mancano ostacolano la lotta contro la pandemia in Svizzera. Avere a disposizione cifre aggiornate sarebbe stato di grande aiuto, soprattutto in vista dell'elaborazione di una strategia all'inizio della seconda ondata in autunno. Ma manca la volontà e il coordinamento.
«Le cifre relative ai ricoveri ospedalieri vanno interpretate con cautela a causa delle dichiarazioni insufficienti e dei ritardi». L'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) pubblica questa nota nel suo rapporto quotidiano sui dati relativi al coronavirus. In alcuni casi è facile determinare quanto tempo ci vuole perché certi dati arrivino. I ritardi sono stati particolarmente evidenti negli ultimi tre mesi: in ottobre, ad esempio, quando la situazione in Svizzera si è notevolmente deteriorata, l'UFSP ha segnalato solo la metà dei ricoveri settimanali che sono stati successivamente confermati ufficialmente.
Poi, all'inizio di novembre, la tendenza si è invertita: l'UFSP ha in alcuni casi annunciato dati sovrastimati. Le cifre erano a volte superiori di 200 unità alla settimana rispetto al numero effettivo di ricoveri pubblicati in seguito.
Per quanto riguarda i decessi, nei mesi di ottobre e novembre le cifre effettive settimanali erano a volte fino al 100% superiori rispetto ai casi segnalati dall'UFSP. Dall'inizio di dicembre i dati comunicati hanno nuovamente superato le cifre reali.
Lunga attesa - Per molti svizzeri, le statistiche annunciate quotidianamente dai media sono un'importante indicazione dell'evoluzione della pandemia. I ritardi però sono problematici soprattutto per chi deve prendere decisioni.
Questo non significa che «parametri chiave come il tasso di riproduzione non possano essere stimati in modo affidabile dai dati attualmente disponibili», ha detto a Keystone-ATS un esperto del settore, che desidera rimanere anonimo. «Ma se avessimo più dati, soprattutto in tempo reale, avremmo anche maggiori informazioni sull'andamento quotidiano della pandemia».
A causa della particolare natura del virus, le infezioni non vengono rilevate fino a circa cinque giorni dopo il contagio. E c'è sempre un ritardo prima che la circolazione del virus reagisca alle misure adottate. Questo diventa improvvisamente problematico se i medici e gli ospedali sono in ritardo nell'elaborazione delle loro relazioni.
In 24 ore - In teoria, tutto sembrerebbe in ordine: «I medici e gli ospedali sono tenuti a comunicare all'UFSP le informazioni sui pazienti ricoverati entro 24 ore mediante i risultati clinici», ha precisato l'ufficio a Keystone-ATS. I risultati devono essere normalmente trasmessi per via elettronica, ma «per garantire la completezza», è possibile farlo anche per posta o fax.
Una buona gestione dei dati è fondamentale nella lotta contro la pandemia, ha dichiarato la Conferenza dei direttori cantonali della sanità (CDS). Quest'ultima è consapevole del problema e per questo motivo, a metà novembre, il segretario generale della CDS e il direttore dell'UFSP hanno inviato una lettera ai direttori cantonali della sanità, nella quale chiedono loro d'imporre agli ospedali di presentare i rapporti clinici sui ricoveri ospedalieri entro il termine stabilito. A oggi stanno ancora aspettando una risposta.
Tracciamento dei contatti - Oltre ai ritardi, è problematico anche il fatto che i ricercatori non abbiano accesso ai dati di tracciamento dei contatti nei Cantoni. Questi sarebbero particolarmente utili per integrare in tempo reale con i dati svizzeri i risultati delle indagini internazionali sui luoghi di contaminazione.
Ciò avrebbe permesso di sostenere le strategie dei politici e delle autorità all'inizio dell'autunno, prima della seconda ondata, in modo da poter adottare misure mirate. Attualmente "il peggioramento della situazione epidemiologica in Svizzera e il sovraccarico del sistema sanitario rendono possibili solo misure severe per ridurre i contatti", ha spiegato Sebastian Bonhoeffer, professore al Politecnico di Zurigo e membro della task force scientifica.
A suo parere, il problema sta nel fatto che i dati non vengono raccolti e trasmessi in modo uniforme. Subito dopo la prima ondata, i ricercatori avevano già chiesto di adottare un sistema a livello nazionale. Tuttavia, i Cantoni non sono riusciti a trovare un accordo e si sono limitati a sviluppare un questionario comune. Neppure questo scambio di dati è però pienamente operativo.
Secondo Bonhoeffer, è «pernicioso» che non ci sia stata una reazione più rapida al riguardo, poiché «fin dall'inizio della crisi in Svizzera si erano già constatate carenze nella digitalizzazione».