Ci sono state una dozzina di dimissioni da quando l'organo è stato istituito nel marzo 2020
I membri del gruppo (una settantina) non ricevono alcuna remunerazione o compenso per quanto fanno in aggiunta alle loro abituali attività professionali.
BERNA - Nelle ultime settimane ci sono stati importanti cambiamenti nella task force scientifica Covid-19 del Consiglio federale. Le modifiche sono avvenute in punta di piedi e sono passate per lo più inosservate dal grande pubblico.
Il prossimo avvicendamento riguarda la direzione: a fine mese l'economista del Politecnico di Zurigo (ETH) Jan-Egbert Sturm sostituirà la collega di San Gallo Monika Bütler.
Attualmente il gruppo di lavoro è composto da una settantina di esperti, che hanno svolto un lavoro «straordinario» per mesi, precisa il presidente della task force Martin Ackermann, microbiologo dell'ETH, interpellato dall'agenzia Keystone-ATS. «La task force indipendente si concentra sulla lotta contro la pandemia e non vuole porsi al centro dell'attenzione in quanto organismo», aggiunge, spiegando i motivi per cui i cambiamenti non vengono annunciati attivamente.
La direzione, guidata da Ackermann, conta quattro membri: Manuel E. Battegay (biomedicina, Università di Basilea), Samia Hurst-Majno (bioetica, Università di Ginevra) e Monika Bütler (economia, Università di San Gallo).
Ci sono state una dozzina di dimissioni da quando l'organo è stato istituito nel marzo 2020, prosegue Ackermann, aggiungendo che malgrado ciò le aree specialistiche più importanti sono sempre state coperte e la continuità è stata assicurata. I membri del gruppo non ricevono alcuna remunerazione o compenso per quanto fanno in aggiunta alle loro abituali attività professionali.
«I componenti della task force stanno svolgendo un lavoro straordinario per la Svizzera e la lotta alla pandemia», ricorda il presidente, per il quale non è quindi sorprendente che dopo alcuni mesi alcuni lascino per dedicarsi completamente ai propri progetti di ricerca.
La presidenza della task force è attualmente un lavoro a tempo pieno per Ackermann. Anche gli altri esperti dedicano diverse ore o giorni alla settimana a consolidare i risultati della ricerca, a preparare le comunicazioni o le analisi della situazione.
In merito al numero di persone che debbano far parte della task force, egli ritiene che la complessità della situazione faccia pendere la bilancia in favore di un organismo importante, come quello esistente. L'altra faccia della medaglia è che a volte è «un po' più difficile raggiungere un consenso», per esempio nell'interpretazione o nelle formulazioni. Un processo, rileva, che ha perfettamente senso dal punto di vista scientifico.
Le donne sono circa un terzo del totale. Una proporzione che si ritrova anche nei Politecnici federali, dove la quota è del 32%, secondo la loro portavoce, Franziska Schmid.
Far parte della task force non equivale a un'investitura per gli scienziati. «I ricercatori che vi partecipano sono già esperti riconosciuti nel loro campo e ci sono molti ricercatori eccezionali in Svizzera che non ne sono membri», fa notare il presidente. Però i membri traggono grande beneficio dalla collaborazione molto costruttiva e interdisciplinare, che non è sempre evidente nell'ambiente altamente competitivo della scienza, conclude Ackermann, secondo cui partecipando si guadagna visibilità, grazie al grande interesse del pubblico e dei media.