E facendole pagare anche 9.90 l'una. Le ultime novità da un caso di cui si parla poco e che imbarazza Berna
Delle 700'000 mascherine in questione - invase dalla muffa, non a norma e di dubbia origine - la gran parte è già stata distrutta
ZURIGO - Arriva la pandemia, fondi un'azienda importi mascherine e poi le rivendi in Svizzera, anche alla Confederazione, così diventi multimilionario in un paio di mesi al massimo.
È questa la storia, finita sotto le luci della ribalta la scorsa estate, di due giovani UDC e della loro Emix Trading con sede prima a Zurigo, e poi a Zugo. La notizia era tornata in auge di recente, quando si è scoperto che l'azienda le aveva vendute all'esercito e fatte pagare a peso d'oro.
700'000 di queste, comprate proprio da Berna, sono «di dubbia origine e inutilizzabili» come riportato oggi sulle pagine del Tages-Anzeiger. Stando al quotidiano zurighese, le suddette FFP2 erano state realizzate dall'egiziana Chemi Pharma Medical, azienda esistente ma... che, stando a quanto ricostruito dal "Tagi", non produce mascherine di quel tipo.
«Ho scoperto che il nome della nostra azienda era stato tirato fuori per questo affare ad aprile, ma non ne so niente», ha confermato il titolare Ahmed Dighidi, «francamente non ho idea di chi, o cosa, possa esserci dietro». Anche il colore delle scatole arrivate in Svizzera è diverso da quello solitamente impiegato dalla ditta.
Due giovani rampanti col pallino della politica
Dopo l'affare, le foto, a bordo di auto di lusso e vida loca finite anche sui quotidiani del Nord delle Alpi. La parabola dei due giovanissimi imprenditori della Emix Trading, entrambi con meno di 25 anni, era di quelle da sogno. A farli decollare l'affare, a marzo - in piena prima ondata - con la vendita di 1,5 milioni di maschere FFP2 alla Confederazione con un prezzo oscillante fra gli 8,50 e i 9.90 al pezzo. I due erano attivi fra le fila dei giovani UDC, in alcune foto social sono infatti immortalati in compagnia di Christoph Blocher a un evento ufficiale del partito.
Di questo cospicuo lotto, parte di una commessa da 22.6 milioni di franchi, diverse fra le 700'000 mascherine erano invase dalla muffa, maleodoranti, e «inutilizzabili». Un test, svolto dall'Ospedale universitario di Basilea, le ha trovate «ben al di sotto dello standard europeo».
Inviate ai cantoni, ben presto sono tornate in dietro: bastava uno sguardo alla loro fattura, troppo economica, così come alla scatola priva dei marchi necessari perché fossero a norma, per capire che tipo di prodotto si trattasse. Senza dimenticare il nauseabondo odore di muffa che le rendeva praticamente inindossabili.
Per questo circa 220mila di queste, già consegnate in tutta la Svizzera, sono state rimandato al mittente. Una buona parte - riporta l'articolo - è già stata distrutta e le rimanenti stoccate, come riserve in caso d'emergenza, dall'esercito.
Un affare che imbarazza l'esercito
Sui documenti ufficiali dell'esercito se ne parla, o quasi, di questo acquisto fallace - ma milionario - delle mascherine contraffatte, e scadenti, di Emix. L'unica cosa che si sa è che l'ordine è partito dalla farmacia dell'esercito. Sui registri però, bisogna cercare bene fra le righe: come riportato dal quotidiano zurighese, si parla di maschere TE YIN - anche se la Emix con Cina in teoria non ci avrebbe avuto nulla a che fare - e a luglio è segnalato «un richiamo di maschere FF2P dei vecchi stock», non si dice però quando quelle siano state acquistate.