Secondo il presidente dell'EPFL la pandemia ha evidenziato carenze in tale ambito: «Dobbiamo migliorare»
LOSANNA - La pandemia causata dal nuovo coronavirus ha evidenziato i deficit della Svizzera nella digitalizzazione. E i soldi hanno solo un ruolo minore in questa situazione. Lo afferma il presidente del Politecnico federale di Losanna (EPFL) Martin Vetterli.
Una pandemia mette in rilievo le debolezze di una società, non solo dal punto di vista sociale, politico e medico, ma anche tecnologico, dice Vetterli in un'intervista pubblicata oggi dalla NZZ. Il Paese ha un problema ed è stato preso alla sprovvista dalla crisi, osserva. «Ora dobbiamo essere onesti, vedere le carenze e diventare migliori».
E il denaro gioca solo un peso minimo in questa situazione, aggiunge il presidente dell'EPFL. La Svizzera rifiuta semplicemente di affrontare la realtà per convenienza: «Siamo ricchi, funzioniamo in modo abitudinario e ci siamo addormentati. Se abbiamo un problema informatico, ci facciamo aiutare da esperti all'estero. Ma queste sono cattive condizioni per l'innovazione».
Vetterli cita l'esempio dell'Estonia: un paese relativamente giovane che ha mostrato quanto velocemente una società possa essere digitalizzata. La Svizzera dovrebbe vedere la crisi attuale come un'opportunità per invertire la rotta. Egli nota che l'introduzione della firma elettronica, dopo anni senza risultati tangibili, è diventata improvvisamente possibile con il primo confinamento.
Cambiando ambito, il presidente dell'EPFL mette poi in guardia anche da un eventuale fallimento dei negoziati sull'accordo quadro che la Svizzera sta negoziando con l'Unione europea. Il testo è di vitale importanza per la ricerca in Svizzera, dice: «E non dobbiamo essere ingenui. L'UE ne ha abbastanza delle nostre richieste speciali. Non sarà disposte a fare concessioni una seconda volta. La posizione negoziale della Svizzera è molto più debole di prima».