Accusata di fare «terrorismo sanitario», gli esperti scientifici sono sotto le critiche della politica.
C’è chi vuole che non parli più in pubblico. E la Task Force ammette: «Dobbiamo rivedere i nostri parametri di valutazione».
BERNA - A fine marzo la Task Force, il gruppo di esperti che analizza e valuta l’evoluzione della pandemia influenzando con i suoi consigli le decisione di Berna, aveva espressamente detto che anche con 100.000 dosi di vaccino al giorno, la Svizzera sarebbe andata incontro a una terza ondata e aveva sconsigliato possibili riaperture. Aveva pure detto che a inizio maggio rischiavamo di avere 5000 casi d'infezioni al giorno, se non addirittura 10.000.
Ebbene, nulla si è verificato di questo catastrofico scenario. Un errore che è stato ammesso dai diretti interessati. «Dobbiamo rivedere i nostri parametri» ha dichiarato Urs Karrer, vicepresidente della Task Force, il quale preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno e dirsi sorpreso positivamente per l’attuale situazione pandemica, piuttosto che esprimere delusione per il tiro sbagliato.
Le critiche della politica - Chi invece ha iniziato il tiro al bersaglio è la politica che ha puntato i fucili contro la Task Force accusandola di fare terrorismo sanitario. Soprattutto i partiti di destra che, per primi e in maniera incessante, spingevano per la riapertura. «Nella Commissione economica abbiamo già chiesto che la Task Force faccia un passo indietro, ma il Consiglio nazionale ha respinto la nostra proposta» attacca il consigliere nazionale dell'UDC Thomas Aeschi, secondo il quale la popolazione si è comportata in modo responsabile, dimostrando che le misure forti e incisive prese dal Consiglio federale non erano necessarie. «I modelli della Task Force sono semplicemente contraddittori. Modificano regolarmente le loro raccomandazioni».
Terrorismo sanitario - Sulla stessa lunghezza anche il PLR che ha definito «molto discutibili» i consigli della Task Force. «Lo dico da tempo, gli esperti scientifici dovrebbero prendere in considerazione scenari più realistici, e non partire sempre dal peggiore dei casi perché così si genera solo paura nella popolazione» ha dichiarato il consigliere nazionale del PLR Marcel Dobler, secondo il quale la Task Force non dovrebbe più parlare pubblicamente ma limitarsi a dare consigli all’interno del Consiglio federale. «La comunicazione parallela tra il Consiglio federale e la Task Force non fa altro che provocare un danno a entrambi. Questo è un errore che non verrebbe mai commesso nel settore privato o in un team di professionisti durante la gestione di una crisi».
Anche l’ex vicedirettore dell’Ufficio Federale della salute, Andreas Faller ha ammesso che le dichiarazioni contraddittorie non fanno altri che creare timori e sfiducia. «Forse è meglio se gli esperti riferiscano le loro valutazioni direttamente ai consiglieri federali, e arrivino a parlare in pubblico solo con il consenso di Berna. Se non sono d’accordo possono tranquillamente abbandonare la Task Force e rilasciare dichiarazioni liberamente». Tuttavia l’ex direttore ha pure fatto degli elogi al gruppo scientifico, che negli ultimi tempi sarebbe meno contraddittorio rispetto al passato. «È importante che il Consiglio federale ascolti le loro critiche e le includa nel processo decisionale», ha affermato Faller.
Il mea culpa - Cosa ne pensano di tutte queste critiche i diretti interessati? Intervistato dal portale 20 Minuten, l’attuale presidente della Task Force, Martin Ackermann ha dichiarato che stanno cercando di capire come mai l’annunciato aumento dei contagi non si sia verificato. Secondo una prima ipotesi avrebbero svolto un ruolo determinante l’effetto stagionale e le vacanze di primavera. «Potrebbe essere che le persone siano ben consapevoli del rischio che la Svizzera sta correndo con le nuove aperture e che si comportino di conseguenza in modo responsabile».