I tour operator elvetici chiedono di accettare quello rapido, così come avviene per esempio in Spagna e Italia
Ma la politica ritiene che le attuali misure sanitarie alla frontiera siano da mantenere
BERNA - Attualmente per recarsi in Italia o in Spagna è necessario un test negativo. Ed è sufficiente quello rapido: una strategia, questa, voluta anche per favorire il ritorno del turismo. Ma lo stesso non vale per la Svizzera, dove chi arriva in aereo è infatti obbligatorio essere in possesso del risultato di un test PCR.
Un obbligo che pesa sul portafogli. In Spagna, per esempio, un test PCR costa fino a 150 franchi. Mentre uno rapido si effettua anche a poco più di trenta. Una famiglia di quattro persone che intende raggiungere la Svizzera spende quindi facilmente fino a 600 franchi.
Ecco quindi che i tour operator chiedono alla Confederazione di rinunciare al test PCR obbligatorio all'ingresso nel nostro paese. Si tratta infatti di una vera e propria «questione di budget» come afferma André Lüthi, responsabile di Globetrotter. E non si parla soltanto di soldi: «Per un test PCR è necessaria un'analisi di laboratorio, che richiede un tempo di attesa ben più lungo rispetto al test rapido». Un aspetto, questo, che incide sull'aspetto organizzativo.
Anche altri tour operatori auspicano che l'ingresso in Svizzera sia gestito come in Spagna e Italia. Si teme, infatti, che gli svizzeri decidano di viaggiare in auto o di rinunciare completamente alle vacanze all'estero. «Un approccio come quello spagnolo sarebbe sicuramente ben visto anche nel nostro paese» dice Matthias Reimann, portavoce di Knecht Reisen. E anche Kuoni si dichiara favorevole al test rapido per l'arrivo in Svizzera.
E Lüthi non parla soltanto dei test: secondo lui anche l'elenco degli stati a rischio allestito dalle autorità sanitarie federali andrebbe sostituito con un controllo sistematico dei test alla frontiera. «Nel corso di quest'anno alcuni paesi sono finiti più volte nella lista e poi di nuovo stralciati: è una situazione difficile da comprendere». Il motivo è da ricondurre al fatto che la valutazione si basa sull'andamento della pandemia in Svizzera. «Più i numeri sono bassi nel nostro paese, più paesi tornano a essere a rischio. Sarebbe meglio controllare davvero i test dei viaggiatori in entrata e abolire la quarantena» sottolinea Lüthi.
La politica non ci sta - I politici vogliono invece mantenere il test PCR obbligatorio. «La Svizzera ha fatto molte scelte corrette nella gestione della pandemia. La competizione turistica potrebbe trasformarsi in un boomerang» sostiene il consigliere nazionale Lorenz Hess (Centro). Secondo il deputato, il test PCR negativo all'ingresso è come un sigillo di qualità. «Siamo visti come un paese sicuro, che risulta essere attrattivo anche per il turismo. A medio e lungo termine ne beneficeremo di più che se allentassimo i requisiti d'entrata».
Le considerazioni di Hess sono condivise dalla consigliera nazionale Franziska Roth (PS). In molti altri paesi del mondo, la situazione epidemiologica non è ancora migliorata come si sperava. E i test rapidi sono meno precisi di quelli PCR. «Rinunciare a questa misura sanitaria per favorire il turismo sarebbe una scelta sbagliata». E lo confermano anche gli epidemiologi: i test PCR forniscono risultati più affidabili e sono importanti nella lotta contro la diffusione delle varianti del virus, come sottolinea Andreas Cerny della Clinica Moncucco di Lugano: «Ci preoccupa in particolare la variante Delta, che è sempre piu presente in Gran Bretagna».