Politici e stampa si inquietano vedendo il ritmo delle somministrazioni che è notevolmente rallentato.
Per l'OMS, al contrario, occorrerebbe condividere le dosi con i Paesi più poveri, la cui popolazione vulnerabile non ha ancora avuto accesso al vaccino.
BERNA - Non abbastanza per alcuni, troppo per altri: ultimamente il ritmo delle vaccinazioni in Svizzera non soddisfa nessuno. Il nostro Paese è «sempre più in ritardo», come titolato dalla RTS, e «il tasso di vaccinati ristagna pericolosamente», come stima "Le Temps". I due media fanno la stessa osservazione: la proporzione della popolazione vaccinata in Svizzera è inferiore a tutti i nostri paesi limitrofi e a quasi tutti quelli dell'Europa occidentale (vedi grafico sotto).
Qualche punto percentuale indietro - La quota della popolazione in Svizzera che ha ricevuto almeno una dose era del 53,37% il 26 luglio. Austria (58,28%), Francia (59,60%) Germania (60,57%), Italia (62,13%), Spagna (66,30%) e soprattutto Danimarca (71,19%) si trovano tutte davanti al nostro Paese.
Ritmo rallentato - Ma quello che sembra preoccupare gli esperti è il ritmo attuale. L'aumento del tasso in Svizzera è lento, mentre negli altri Paesi è piuttosto costante. Il divario è quindi destinato ad aumentare. In tema di vaccinazione, il nuovo "battistrada" è il Canada, la cui campagna è iniziata più tardi, ma molto forte e al momento senza alcun segno di cedimento.
Prima i problemi del mondo - Per il direttore generale dell'Oms Tedros Ghebreyesus, invece, l'accaparramento di dosi da parte dei Paesi ricchi è uno «scandalo morale». E la maggior parte dei Paesi poveri dovrebbe pensarla come lui: vedere le persone denunciare la lentezza della vaccinazione in Svizzera e preoccuparsi di essere di qualche punto percentuale al di sotto del resto d'Europa quando loro non sono ancora stati in grado di offrire dosi a tutte le persone vulnerabili è qualcosa di cinico.
Cattiva ripartizione - Per Tedros Ghebreyesus, il numero di dosi inoculate a livello globale sarebbe stato sufficiente per vaccinare, in tutto il mondo, tutti gli anziani e tutto il personale infermieristico. Pertanto, secondo lui, favorire la vaccinazione dei giovani di 12-16 anni nei paesi ricchi piuttosto che condividere le dosi con i paesi che la cercano è una cattiva decisione.