Con la crisi energetica alle porte un accordo con i vicini tedeschi sembra poco realistico, e c'entra anche l'Italia
BERNA - Lo scorso maggio a Davos i consiglieri federali Guy Parmelin e Simonetta Sommaruga hanno annunciato la negoziazione di un accordo di solidarietà comune in caso di carenza di gas con il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck. Per mesi da entrambe le parti non è trapelato niente sull’andamento dei negoziati. Ora che un accordo sta diventando progressivamente più necessario, i toni sono cambiati.
Accordo sempre più lontano - Ad annunciare le difficoltà di concretizzazione dell'accordo ci ha pensato la stessa Simonetta Sommaruga. Ieri la ministra dell’Energia per la prima volta si è mostrata meno fiduciosa: «Siamo in trattativa, ma non è chiaro se l’accordo andrà in porto», ha detto alla NZZ am Sonntag.
Di recente anche il quotidiano tedesco Welt aveva riportato i dubbi del ministro tedesco: «Un accordo bilaterale che leghi Germania e Svizzera a un obbligo di solidarietà reciproca in caso di emergenza gas non è previsto prossimamente». Questo nonostante la Svizzera stia spingendo per una collaborazione di questo tipo. «La Germania non è però obbligata ad aiutare un non membro dell’Ue».
«Svizzera poco interessante» - Una doccia fredda che, per il quotidiano di lingua tedesca, non deve sorprendere. Secondo le informazioni raccolte, le intenzioni della Germania erano diverse e includerebbe anche l’Italia all'accordo. Agli occhi di Berlino infatti la Svizzera non rappresenta un partner sufficientemente interessante per un’intensa unicamente bilaterale.
Non solo perché il nostro Paese non ha riserve di gas su scala nazionale - e anzi si appoggia esclusivamente sulle importazioni - ma la Svizzera non è un membro dell’Unione Europea. Di conseguenza le questioni legali per stabilire un contratto di questo tipo rappresenterebbe un terreno spinoso difficile da risolvere.
C'era una volta il WEF... - Eppure tutto sembrava andare per il verso giusto questo maggio a Davos con un Habeck propositivo che aveva incontrato Simonetta Sommaruga e Guy Parmelin. A luglio, però, ecco arrivare i primi singhiozzi: stando a Berlino, hanno scritto diversi quotidiani del gruppo Tamedia, il problema pare risiedesse nella sede giuridica che avrebbe dovuto vigilare sull'accordo, ovvero Bruxelles che a Berna - pare - stesse stretta.
All'inizio di settembre, tuttavia, la parte svizzera era ancora fiduciosa che l'accordo potesse essere concluso al più tardi entro ottobre. Ma ora questo non è più considerato realistico: sì, l'intero processo è improvvisamente in discussione. I colloqui si sono rivelati più complicati del previsto.
L'Italia è il terzo incomodo (anzi, scomodo) - La Germania, d'altra parte, pare sia estremamente interessata a un accordo con l'Italia. Anche perché l'Italia, che dipendeva dal gas russo come la Germania all'inizio della guerrain Ucraina, da allora ha sviluppato nuove fonti d'approvvigionamento che fanno gola a Berlino. I gasdotti dalla Penisola, tra l'altro, passano proprio sul territorio rossocrociato (e pure ticinese).
E qui sorge il problema: l'Italia, per la quale il gas è una risorsa fondamentale e irrinunciabile, non ha alcuna intenzione di cedere le sue riserve. Men che meno con un governo neoletto di destra e antieuropeista come quello di Giorgia Meoni. Una gelata, questa, che rischia di nuocere praticamente solo a Berna.