La consigliera nazionale Prelicz-Huber lancia una proposta contro le differenze salariali, ma non convince tutti
ZURIGO - Le aziende che pagano le donne meno degli uomini solo sulla base del genere - quindi ad esempio per la stessa mansione - dovrebbero poter ricevere una multa da parte della Confederazione.
È quanto chiede un'iniziativa parlamentare depositata dalla Consigliera nazionale dei Verdi Katharina Prelicz-Huber insieme a 36 cofirmatari, relativa a una "Parità retributiva vincolante".
L'idea della proposta è quella di obbligare le aziende con più dipendenti a effettuare delle analisi di trasparenza salariale. Chi nasconde ai dipendenti la discriminazione salariale o non vi pone rimedio entro tre anni sarà punito. «Questo può avvenire sia con multe che rendendo pubblica la situazione», spiega il testo.
L'obiettivo deve essere quello di «far sì che per i datori di lavoro non valga più la pena discriminare le donne a livello retributivo», chiarisce Prelicz-Huber.
«Più burocrazia? Di poco»
«Oggi i datori di lavoro possono fissare i salari di propria autorità», afferma la Consigliera nazionale dei Verdi. «Chi sa negoziare bene la propria posizione nei colloqui di lavoro e nelle trattative salariali può assicurarsi una retribuzione maggiore rispetto alle proprie qualifiche».
«Esistono poi già strumenti che possono essere utilizzati per istituzionalizzare l'analisi dei salari. Si tratterebbe di uno sforzo una tantum, che può poi essere facilmente adattato ogni anno».
Le aziende sarebbero monitorate da una commissione composta da membri del governo federale, dei lavoratori e dei datori di lavoro. «Naturalmente, non tutte le aziende dovrebbero essere ispezionate ogni anno», aggiunge Prelicz-Huber, «Lo sforzo burocratico sarebbe mantenuto entro i limiti. D'altra parte, le aziende saprebbero che potrebbero essere ispezionate e multate pesantemente in qualsiasi momento». Questo perché gli ispettorati del lavoro cantonali, che già effettuano controlli a campione sulle aziende, potrebbero effettuare delle ispezioni.
Supporto
Prelicz-Huber ha il sostegno non solo dei politici del PS e dei Verdi, ma anche del Partito evangelico (Pev). Tuttavia, con qualche riserva, come afferma la consigliera nazionale Lilian Studer: «Accolgo con favore misure più vincolanti sulla parità di retribuzione. Tuttavia, nelle discussioni in Commissione, probabilmente sosterrò qualche altro aggiustamento. Sarebbe difficile trovare una maggioranza a favore dell'obbligo per le aziende con due o più dipendenti di effettuare un'analisi dei salari».
Andrea Caroni, consigliere agli Stati del PLR, non è invece convinto della proposta: «In primo luogo, le analisi salariali utilizzate oggi non tengono conto di molti criteri importanti. Se c'è effettivamente una discriminazione salariale, è molto minore di quella riscontrata a livello federale».
In secondo luogo, i salari sono una questione di negoziazione: «La definizione di linee guida fisse per il settore privato sarebbe un'invasione della libertà contrattuale». Inoltre, come terzo punto, Caroni cita la burocrazia: «Un'analisi dei salari non può essere effettuata dall'ispettore del lavoro. Questo richiede specialisti, che costano tempo e denaro».
«Le capacità di negoziazione si possono imparare»
Per il Consigliere agli Stati, inoltre, il datore di lavoro è il primo responsabile: «Deve riconoscere il potenziale delle lavoratrici, promuoverle e pagare loro un salario dignitoso. È nel suo stesso interesse». Se una donna viene pagata troppo poco per quello che fa, può infatti cambiare datore di lavoro. «Nessuno deve lavorare al di sotto del proprio valore di mercato». Per Caroni anche le donne hanno un dovere: «La fiducia in se stessi e le capacità di negoziazione si possono imparare».
Anche l'Unione svizzera degli imprenditori è critica nei confronti della proposta: «Anche l'Ufficio federale di statistica, da cui la signora Prelicz-Huber cita i suoi dati, afferma che le differenze salariali effettivamente dovute alla discriminazione salariale sono notevolmente inferiori», afferma Daniella Lützelschwab, responsabile del Dipartimento mercato del lavoro e diritto del lavoro.
Lützelschwab è convinta: «L'obbligo di condurre analisi salariali, che già esiste, viene preso molto sul serio dalle aziende». Queste analisi sarebbero accompagnate da organismi esterni. «Anche se non ci sono sanzioni o multe, le aziende in cui ci sono effettivamente differenze salariali inspiegabili difficilmente possono tacerle, e questo aumenta la pressione per correggere queste disuguaglianze», conclude Lützelschwab.